"Voialtri ve ne potete andare tutti quanti all'inferno; io me vado in Texas".Con questa celebre frase nel 1834 il mitico Davy Crockett si accomiatò dai suoi elettori del Tennessee che non gli avevano accordato la rielezione a deputato, e voltò pagina andnado incontro al suo eroico destino di martire dell'indipendenza Texana nella battaglia di Alamo.
Avrebbe potuto finire così anche l'avventura di Rick Perry alle primarie, con un'uscita polemica, sbattendo la porta. E ci sarebbe stato da capirlo, vista la fine ingloriosa - non per malasorte ma per colpa sua, beninteso - di una candidatura che era partita in quarta suscitando aspettative enormi.
Ma Perry è un politico astuto, non è un caso se quella consumatasi ieri è stata la sua primissima sconfitta in trent'anni (e anche la prima in una competizione disputata fuori dal Lone Star State, per la verità). Di una disfatta ha fatto una mezza vittoria, giocado la sua uscita da kingmaker come qualcuno il giorno prima aveva ben pronosticato (si veda l'ottima segnalazione di Andrea Mancia di quanto Erick Ericksson aveva scritto mercoledì sul sito conservatore RedState).
L'endorsement a Newt Gingrich, con il quale Perry - per dirla con le parole diJohn Cassidy del New Yorker - - ha "lanciato una granata innescata in braccio a Romney, ponendo fine almeno per ora ai discorsi sulla "inevitabilità" della sua candidatura", ha creato clamore non certo perché imprevisto: Perry e Gingrich sono talmente affini che il vecchio Newt aveva persino firmato la prefazione al "libro elettorale" del governatore del Texas. Il clamore si deve al contesto: quel ritiro con endorsement è giunto nel bel mezzo di una giornata incredibile, subito dopo la notizia che Romney, fatti i riconteggi del caso, in realtà non ha affatto vinto i caucus dell'Iowa come inizialmente pareva, e subito prima di una raffica di ben quattro sondaggi che improvvisamente davano Gingrich davanti a Romney in South Carolina. Sondaggi, si badi, resi noti ieri ma elaborati su interviste fatte prima di ieri, e quindi non influenzati dagli eventi della giornata. E' difficile, peraltro, che escano sondaggi attendibili prima del voto nel Palmetto State, che si terrà domani.
Questa improvvisa congiuntura ha conferito alla confluenza di Perry sulla candidatura di Gingrich un impatto potenzialmente devastante. Ora i giochi potrebbero essersi riaperti, forse tutto può ancora succedere.
Poi, siccome Newt Gingrich è pur sempre il personaggio che è, in serata si è aggiunta la spinta contraria: l'intervista alla sua seconda moglie che ha rivelato che, quando la signora Callista sua attuale terza moglie era solo la sua giovane amante, lui aveva proposto la soluzione del "matrimonio aperto", certo più economica di un secondo divorzio ma poco confacente all'elettorato evangelico (e pensare che all'epoca guidava la rivolta contro l'immoranle adultero Bill Clinton. E vabbè: se non altro, avrà pensato Romney, d'ora in poi niente più malignità sui mormoni e la poligamia...).
A volte le primarie americane "sono il più grande spettacolo del mon, specie se siete repubblicani” scriveva qualche anno fa l'Economist. Fino a mercoledì sera questo non pareva proprio uno di quegli anni; ma ora è tutta un'altra storia.
Uscito su Good Morning America
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