Oggi su America 24:
L’America ieri è andata a dormire con una certezza, ossia la schiacciante vittoria di Mitt Romney nelle primarie del New Hampshire. Stamattina si sta svegliando con un dubbio: le primarie iniziate ieri possono oggi considerarsi virtualmente già concluse, oppure qualcosa può ancora succedere?
Facciamo due conti. Che Mitt Romney in New hampshire avrebbe vinto nettamente lo si sapeva per certo da settimane. La questione era: di quanto? I voti vanno contati, ma anche pesati. Romney ne ha ottenuti oltre 95mila, piazzandosi tra il 39 e il 40%. Quattro anni fa ne aveva presi 75,546, che equivalevano a poco più del 32%, arrivando secondo dietro a John McCain che si avvicinava al 38%. Per un precedente meno recente dobbiamo risalire al 2000: anche allora il vincitore fu McCain (che peraltro sarebbe stato battuto nel prosieguo), ma con la bellezza 115,490 voti pari al 49%, ed il secondo posto era andato a George W. Bush (poi vincitore della nomination) il quale ne aveva presi 72,262 allora pari al 30%. Ma a onor del vero va tenuto presente che dodici anni fa la competizione era molto meno “affollata” di quella di ieri.
Quindi la vittoria che Romney ha riportato stanotte non è forse di proporzioni epocali, ma è comunque abbastanza schiacciante da far apparire già chiusa la partita.
Anche perché Jon Huntsman, il più moderato dei candidati in lizza che ieri si giocava tutto, ha preso un rispettabilissimo 17%: e quindi il 40% che ieri Romney ha portato a casa va pesato “al netto” di una non trascurabile fetta di voti sottrattigli “da sinistra” dall'unico che lo poteva fare; al contempo, l'ex ambasciatore a Pechino non ha fatto il miracolo di diventare improvvisamente competitivo, perché non è riuscito nemmeno ad avvicinarsi al secondo posto, in cui si è invece piazzato, con un buon 23% il vecchio libertario texano Ron Paul, che però è di fatto ineleggibile per via delle sua posizioni eccentriche e radicali. Gli altri arrancano per sfiorare il 10%, come dire zero. Non c'è un antagonista, non c'è un blocco avversario. E quindi Romney, che sino ad ora è sempre stato in difficoltà, continuamente facilmente raggiunto e superato nei sondaggi allo sfidante di turno, alla fine alla prova del voto sta risultando vincente per assenza di una precisa alternativa.
Insomma, possiamo dire che Romney ha già la candidatura in tasca?
Quasi, ma non ancora. Fra lui e la nomination si infrappone un ultimo ostacolo: le primarie che si disputeranno fra dieci giorni in South Carolina. Negli ultimi trent'anni, chi ha vinto lì ha poi vinto la candidatura, a prescindere da com'era andata in Iowa e in New Hampshire. Se Romney vincerà anche nel Palmetto State, la partita sarà chiusa; se invece dovesse vincere un avversario alla sua destra, i giochi si riaprirebbero.
Non c'è ancora nulla di scontato. Il South Carolina è uno stato molto “sudista”, molto conservatore: i sondaggi danno Romney in in testa anche lì, ma di poco. Sarà per lui una partita fuori casa: ha dalla sua l’appoggio della popolarissima governatrice Nikki Haley, ma ha contro la base della destra religiosa e quella del movimento antitasse dei “Tea Party” che da quelle parti, al contrario che in New Hampshire, un qualche peso ce l’ha. Staremo a vedere.
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