L'America che ieri sera è andata a nanna dopo aver visto il dibattito delle primarie repubblicane organizzato in South Carolina da FoxNews e dal Wall Street Journal (dibattito acceso, che ha visto brillare Newt Gingrich per la sua sagacia oratoria, e Mitt Romney per la prima volta seriamente in difficoltà), stamattina si sveglia ritrovando su carta una delle questioni emerse nel “tutti contro Mitt”.
L'editoriale di oggi del New York Times rilancia infatti la sfida all'ormai favoritissimo ex governatore del Massachusetts a rendere pubblica la sua ultima dichiarazione dei redditi.
L'argomento (che fa il paio con la polemica dell'operato di Romney ai vertici della Bain Capital) era già in ballo da almeno un mese, e nel dibattito di ieri sera è stato riproposto dal governatore del Texas, Rick Perry (il quale è l'unico tra gli aspiranti candidati ad aver già squadernato i propri dati): “Mitt, abbiamo bisogno che tu renda pubblica la tua dichiarazione dei redditi, in modo che il popolo di questo Paese possa vedere come hai fatto i tuoi soldi. Ne abbiamo bisogno perché come repubblicani, non possiamo permetterci di silurare a settembre quello che ormai sarà diventato il nostro candidato. Abbiamo bisogno di sapere ora. Spero quindi che la tua situazione fiscale la renderai nota in settimana, in modo che la gente del South Carolina possa dare un'occhiata e decidere se abbiamo o no un candidato in difetto”.
Romney, che non era certo impreparato a questo colpo, ha replicato che “forse” si atterrà alla tradizione e renderà pubbliche queste informazioni, ma semmai solo ad Aprile, quindi dopo essersi aggiudicato la candidatura. Una risposta destinata a fomentare curiosità e polemiche (perché non subito? Cos'ha da nascondere? E' solo il fatto di appartenere ad una casta di straricchi, o c'è altro? Trucchi per pagare meno tasse? Investimenti offshore? Proprietà all'estero? Inbarazzanti conflitti di interessi?).
Il direttore del New York Times ha intravisto del filo da tessere, e tesse: “l'insistenza di Romney sulla segretezza di quei dati è indifendibile ora che pare avviato ad aggiudicarsi la candidatura e gli interrogativi si infittiscono sulle sue finanze personali e sul sulla sua storia di venture capitalist”.
Pur di punzecchiare Romney su questo nervo scoperto, l'editoriale conclude plaudendo a Sarah Palin, la quale giusto la settimana scorsa aveva invitato Romney a tirare fuori dal cassetto la dichiarazione dei radditi prima del voto in South Carolina.
A quanto pare siamo alle prese con l'avvio di un tormentone, paragonabile per certi versi a quello sul certificato di nascita di Barack Obama. Anche in questo caso lo scopo della polemica è evidenziare agli occhi dell'elettore il fatto che il candidato “non è uno come me e te, non è uno di noi”: allora per ragioni razziali, oggi per ragioni di classe.
In tempi di Grande Recessione, Romney farà bene a non prendere sottogamba l'insidia: in tempi di vacche molto meno magre, al suo odierno antagonista toccò di vedersi ritrarre nei panni dell'arcigno Scrooge, il protagonista del Canto di Natale di Dickens (il cui nome negli USA è anche quello di Zio Paperone), e questo senza che le sue finanze personali fornissero particolari pretesti. Figuriamoci cosa rischia oggi lui, che con un patrimonio stimato in circa 250 milioni di Dollari passa per essere, nella definizione del solito Rick Perry, “uno degli uomini più ricchi che si sia mai candidato a Presidente degli Stati Uniti”.
Il direttore del New York Times ha intravisto del filo da tessere, e tesse: “l'insistenza di Romney sulla segretezza di quei dati è indifendibile ora che pare avviato ad aggiudicarsi la candidatura e gli interrogativi si infittiscono sulle sue finanze personali e sul sulla sua storia di venture capitalist”.
Pur di punzecchiare Romney su questo nervo scoperto, l'editoriale conclude plaudendo a Sarah Palin, la quale giusto la settimana scorsa aveva invitato Romney a tirare fuori dal cassetto la dichiarazione dei radditi prima del voto in South Carolina.
A quanto pare siamo alle prese con l'avvio di un tormentone, paragonabile per certi versi a quello sul certificato di nascita di Barack Obama. Anche in questo caso lo scopo della polemica è evidenziare agli occhi dell'elettore il fatto che il candidato “non è uno come me e te, non è uno di noi”: allora per ragioni razziali, oggi per ragioni di classe.
In tempi di Grande Recessione, Romney farà bene a non prendere sottogamba l'insidia: in tempi di vacche molto meno magre, al suo odierno antagonista toccò di vedersi ritrarre nei panni dell'arcigno Scrooge, il protagonista del Canto di Natale di Dickens (il cui nome negli USA è anche quello di Zio Paperone), e questo senza che le sue finanze personali fornissero particolari pretesti. Figuriamoci cosa rischia oggi lui, che con un patrimonio stimato in circa 250 milioni di Dollari passa per essere, nella definizione del solito Rick Perry, “uno degli uomini più ricchi che si sia mai candidato a Presidente degli Stati Uniti”.
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