giovedì 4 ottobre 2012

AND THE WINNER IS

La campagna elettorale richiede finzione. Mitt Romney non è mai stato un granchè come attore, e quindi nemmeno come candidato. Ieri sera tuttavia è parso beneficiare del fatto che, per una volta, gli era sufficiente mostrarsi semplicemente per quello che era: uno che da anni non aspettava che questo momento. Energia, determinazione, entusiasmo, per una volta suonavano genuini presumibilmente per la piú semplice delle ragioni possibili: lo erano.
Obama dal canto suo è apparso perfettamente antitetico: svogliato, stanco, affaticato, freddo, sulla difensiva ma soprendentemente a corto di convinzione.

Chi non avesse visto l'intero dibattito non ha bisogno di guardarselo tutto: bastano estratti di pochi minuti per trovare conferma.


Il limite della "vittoria" di Romney sta probabilmente nel fatto che essa è spalmata in modo uniforme sull'intero arco di 90 minuti di dibattito: lo sfidante repubblicano incassa un ottimo risultato, ma non il boccone più succulento, ossia un passaggio specifico di pochi secondi o di pochi minuti che riassuma in sè questa vittoria. Non una gaffe dell'avversario, non una battuta ad effetto che si presti ad essere riversata in uno spot o ad essere ripetuta dai notiziari e dal web, in modo da raggiungere chi il dibattito non l'ha visto e a fissarsi nella mente degli elettori. 
In mancanza di un simile "magic moment", questa vittorià peserà? Forse sì, perché i due contendenti sono pur sempre vicini nei sondaggi, e in una elezione del genere basta poco per fare la differenza. 

Sintomatica la reazione dei commentatori: si sa che spesso alla fine di un dibattito presidenziale si dividono, a seconda delle inclinazioni ideologiche o metodologiche, su chi dei due contendenti abbia prevalso (e non di rado l'opinione diffusa è che non abbia prevalso in modo significativo nessuno dei due). Il primo dibattito Obama-Romney rientra invece chiaramente nella categoria minoritaria dei dibattiti con un vincitore certo per acclamazione. Innanzitutto in base agli instant-poll, i sondaggi lampo condotti immediatamente dopo la conclusione del faccia a faccia: secondo quello più importante, condotto dalla CNN, risulta Romney risulta vincente secondo il 67% degli intervistati contro il 25% di Obama, e nel gruppo degli elettori/spettatori "indipendenti" il divario sale 75% a 17.
Quanto ai commenti e alle analisi giornalistiche, il coro è unanime anche se, tralasciando pure le firme del mondo conservatore, che sono tutte con i fumogeni accesi e i fuochi d'artificio, consideriamo solo quello filogovernative o quanto meno equanimi.
Partiamo dai due principali grandi quotidiani di sinistra: secondo Andrew Rosenthal del New York Times, Romney ieri sera è risultato "presidenziale", e Obama glie l'ha laciato fare al punto che la cosa più notevole del primo dibattito è "quello che Obama non ha detto, tutte le occasioni che ha sprecato"; per Karen Tumulty del Washington Post, Romney ieri sera "ha trovato la sua voce ed ha finalmente offerto al Paese un programma economico alternativo", mentre Obama ha subìto senza contrattaccare su nessuno dei noti punti deboli dell'avversario, e secondo Chris Cillizza, l'altro commentatore di punta del Washington Post, Obama "è finito dal lato sbagliato della linea che segna il confine tra sobrio/serio e torvo/svogliato". A quest'ultimo fa eco Charles Blow, popolare opinionista anche televisivo e firma del New York Times solitamente entusiasta di Obama, che, in un corsivo dal titolo "Barry Manofredda", osserva che "la linea di demarcazione fra "dignitoso e presidenziale" e "debole e insignificante" è spessa come il pelo di un gatto".
Identica la pagella di Mark Halperin del settimanale Time"Romney è partito forte ed è andato sempre meglio, si è molto difeso ma senza mai ritrovarsi sulla difensiva, e si prodotto in una performance che oltre ad entusiasmare la base repubblicana potrebbe attrarre consensi anche tra gli indecisi; Obama non solo ha confermato tutti i difetti per i quali risaputamente non è un asso dei dibattiti (troppo freddo, troppo causidico, troppo irritabile quando viene attaccato), ma a sorpresa è apparso più nervoso del suo sfidante che pure era al suo primo dibattito presidenziale, ed ha passato troppo tempo a criticare Romney e a dare la colpa a Bush, e troppo poco a dare argomenti concreti per un giudizio positivo del suo operato in questi quattro anni".
Dalla padella nella brace se dal mondo della carta ci spostiamo a quello dei blog: Andrew Sullivan, storico  opinion-leader della blogosfera ed accanito sostenitore di Obama sul suo "Daily Dish" (e su carta su Newsweek), non ha lasciato spazio ad equivoci nella sentenza con la quale ha chiuso il suo liveblogging"Sentite: sapete quanto bene gli voglio, e sapete quanto io sia di un osservatore di larghe vedute: Capisco tutto e capisco la logica di alcuni argomenti contorti, deboli, professorali. ma il fatto è che questo è stato un disastro per il presidente per le persone-chiave che ha bisogno di raggiungere, e le sue concioni logore da secchione sfigato rischiano di aver spinto molti indipendenti a riprendere in considerazione Romney".

Quanto alla televisione, Chris Matthews della MSNBC, il volto più obamiano della emittente più di sinistra, si è chiesto incredulo: "ma dov'era finito Obama stasera?  Che cosa combinava? C'era un duello decisivo, e lui si è presentato disarmato”. Altrettanto disperato il grido lanciato su Twitter da Bill Maher, il popolare comico noto per le sue frecciate contro i repubblicani, che ha recentemente donato un finanziamento da un milione di dollari ad un super-PAC pro-Obama: "non credo ai miei occhi: Obama sta facendo la figura di uno che ha VERAMENTE bisogno del teleprompter!".

Riassume tutto la considerazione espressa su Twitter da Ezra Klein, che tra i commentatori del Washington Post è forse quello che si colloca più a sinistra: "Per il Team Obama quello che è peggio, molto peggio del dibattito in sè, è il giudizio duramente negativo dei media sulla sua performance: i media contano, qui". Altrochè se contano.

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