"A metà del dibattito ho pensato che se avessi trascorso gli ultimi quattro anni su un'isola deserta e fossi appena stato paracadutato in questo dibattito, avrei pensato che quello che avrei poi appreso essere Mitt Romney era il presidente che difendeva la sua posizione dominante, e che Barack Obama era lo sfidante alla disperata ricerca di una rimonta".
Questo commento di Chris Wallace, conduttore dello show televisivo "Fox News Sunday", è ovviamente tutt'altro che spassionato: è il commento di un tifoso di Romney. Ma c'è del vero in questa valutazione del terzo ed ultimo duello televisivo presidenziale: Romney, pur essendo lo sfidante, hascelto di giocare l'ultimo match in difesa; così come Obama, pur essendo il presidente in carica, ha scelto di giocarlo in attacco.
Si è quindi assistito ad un Mitt Romney talmente determinato a non reagire agli attacchi di Obama e a non farsi spingere verso destra, da prodursi in innumerevoli dichiarazioni di condivisione delle politiche di Obama ed in affermazioni che i suoi sostenitori probabilmente non si aspettavano ("non possiamo risolvere i nostri problemi semplicemente ammazzando - non vogliamo un altro Iraq, non vogliamo un altro Afghanistan").
La stessa valutazione è del resto condivisa da Candy Crowley, la giornalista della CNN che ha moderato il secondo dibattito: "Penso che il presidente si sia comportato come uno che doveva in un modo o nell'altro stoppare la tendenza favorevole a Romney. Quasi tutte le sue risposte alle domande del moderatore avevano a che vedere con Romney. Per quest'ultimo invece la priorità era non farsi del male. Ho la sensazione che non mirasse a vincere il dibattito, aveva piuttosto l'aria di uno che da tre-quattro settimane, dal primo dibattito, gode di una tendenza favorevole, e non voleva comprometterla".
Nel complesso si può dire che ha vinto Obama, ma balza all'occhio che ha vinto più che altro perché Romney lo ha "lasciato vincere". E quando si tratta di tirare le somme, i giudizi sul secondo dibattito somigliano molto a quelli sul secondo: serpreggia il dubbio che il presidente non abbia vinto "abbastanza".
Secondo Chris Cillizza del Washington Post Obama ieri sera è uscito vincitore perché aveva ancora bisogno di scrollarsi di dosso l'immagine gelida e passiva del primo dibattito, e nonostante abbia giocato sempre in attacco è apparso "di gran lunga quello dei due al comando e sicuro di sè", mentre Romney è uscito perdente "semplicemente perché non ha giocatro per vincere"; su Twitter, però, il commentatore del Washington Post aggiunge una considerazione molto interessante: nel complesso quello che incide di più è ancora il primo dibattito.
Sul Daily Beast, lo spind doctor repubblicano Brett O' Donnell sostiene che Obama ha vinto la battaglia di ieri sera ma Romney ha vinto la guerra dei dibattiti nel suo complesso, poiché il presidente non è riuscito ad ottenere nessun vero KO dell'avversario e quindi non è riuscito ad imprimere alla campagna elettorale un cambio di direzione; e il suo collega Mark McKinnon gli fa eco affermando che le due vittorie di Obama nel secondo e nel terzo dibattito non sono state abbastanza schiaccianti da superare quella nettissima ed inattesa di Romney nel primo.
Per Mark Halperin di Time quello di ieri sera è stato un pareggio: Obama, "ancora perseguitato dal fantasma del suo fallimento a Denver", non è riuscito a far apparire non-presidenziale ed impreparato l'avversario, ma giocando in attacco si è se non altro mostrato determinato, efficace e convinto delle sue ragioni; Romney ha portato a casa il suo obiettivo principale, ossia quello di apparire come una alternativa credibile ad Obama, e ieri sera specificamente quello di apparire come un ipoteticocommander in chief moderato e misurato.
Per Rich Lowry, direttore della rivista conservatrice National Review, questo equivale ad una vittoria per Romney il quale ha centrato l'obiettivo di"rassicurare la gente sul fatto di non essere un bombarolo, dare un'immagine forte ma non bellicosa, e far presente che su tante scelte politiche di Obama è pure d'accordo, in modo da creare una sensazione di ragionevolezza"; e anche secondo Rick Klein della ABC quella di ieri sera è una vittoria per Romney proprio perché non è successo nulla che possa far invertire la tendenza nelle ultime due settimane di campagna elettorale.
Di opinione opposta Jonathan Chait del New York Magazine, secondo il quale la scelta difensiva di Romney ha lasciato troppo spazio ad Obama, che per la prima volta ha semsso di sembrare John Kerry nel 2004, ed è riuscito a sembrare al contempo un po' Kerry e un po' Bush, lasciando lo sifdante nell'angolo. Il commentatore di The Politico Roger Simon sottolinea che il dibattito finale dà agli elettori l'ultima impressione prima del voto, e che quindi Romney potrebbe essersi suicidato chiudendosi in difesa e lasciando segnare ad Obama tutti quei punti proprio ieri sera; John Cassidy del New Yorker evidenzia invece che la linea ultra-moderata tenuta da Romney ieri sera, essendo in contrasto con ciò che lui stesso ha detto mesi o settimane fa, rischia di essere percepita come la sua ennesima prova di pacchiano opportunismo, sicché "se alla fine vincerà sarà nonostante, e non grazie" alla performanche di ieri sera. Ma la considerazione più caustica è forse quella espressa nell'editoriale del Los Angeles Times, sagacemente titolato"Endorsement di Romney ad Obama": a forza di mostrarsi d'accordo con il presidente in carica su tante questioni di politica estera, Romney potrebbe aver commesso l'imprudenza di lasciare agli elettori la sensazione che in fondo, se su tante cose la gestione di Obama è ok, allora non c'è ragione di sostituirlo.
Quanto agli instant-poll, tutti hanno assegnato ad Obama la "vittoria" del dibattito; ma sia in quello condotto dalla CNN che in quello effettuato dalla PPP (legata al Partito Democratico) gli intervistati che si sono dichiarati "ora più inclini a votare per Romney" non sono risultati meno di quelli "ora più inclini a votare per Obama", anzi sono risultati in lievissima maggioranza, di un punto percentuale in entrambi i casi (il 25% contro il 24 nel sondaggio CNN, il 38% contro il 37 in quello PPP). Nel risultato del sondaggio PPP c'è poi un dato particolarmente spiacevole per Obama: tra gli elettori "indipendenti", che a due settimane dal voto dovrebbero in teoria essere quelli che fanno la differenza, solo il 32% si sono detti ora più inclini a votare per Obama e ben il 48% si sono detti più restii; al contrario, il 47% si sono detti ora più propensi a votare per Romney e solo il 35% più restii. Inoltre, nel sondaggio CNN ben in 60% degli intervistati ha dichiarato di aver avuto l'impressione che Romney sarebbe in grado di fare il presidente.
Per Rich Lowry, direttore della rivista conservatrice National Review, questo equivale ad una vittoria per Romney il quale ha centrato l'obiettivo di"rassicurare la gente sul fatto di non essere un bombarolo, dare un'immagine forte ma non bellicosa, e far presente che su tante scelte politiche di Obama è pure d'accordo, in modo da creare una sensazione di ragionevolezza"; e anche secondo Rick Klein della ABC quella di ieri sera è una vittoria per Romney proprio perché non è successo nulla che possa far invertire la tendenza nelle ultime due settimane di campagna elettorale.
Di opinione opposta Jonathan Chait del New York Magazine, secondo il quale la scelta difensiva di Romney ha lasciato troppo spazio ad Obama, che per la prima volta ha semsso di sembrare John Kerry nel 2004, ed è riuscito a sembrare al contempo un po' Kerry e un po' Bush, lasciando lo sifdante nell'angolo. Il commentatore di The Politico Roger Simon sottolinea che il dibattito finale dà agli elettori l'ultima impressione prima del voto, e che quindi Romney potrebbe essersi suicidato chiudendosi in difesa e lasciando segnare ad Obama tutti quei punti proprio ieri sera; John Cassidy del New Yorker evidenzia invece che la linea ultra-moderata tenuta da Romney ieri sera, essendo in contrasto con ciò che lui stesso ha detto mesi o settimane fa, rischia di essere percepita come la sua ennesima prova di pacchiano opportunismo, sicché "se alla fine vincerà sarà nonostante, e non grazie" alla performanche di ieri sera. Ma la considerazione più caustica è forse quella espressa nell'editoriale del Los Angeles Times, sagacemente titolato"Endorsement di Romney ad Obama": a forza di mostrarsi d'accordo con il presidente in carica su tante questioni di politica estera, Romney potrebbe aver commesso l'imprudenza di lasciare agli elettori la sensazione che in fondo, se su tante cose la gestione di Obama è ok, allora non c'è ragione di sostituirlo.
Quanto agli instant-poll, tutti hanno assegnato ad Obama la "vittoria" del dibattito; ma sia in quello condotto dalla CNN che in quello effettuato dalla PPP (legata al Partito Democratico) gli intervistati che si sono dichiarati "ora più inclini a votare per Romney" non sono risultati meno di quelli "ora più inclini a votare per Obama", anzi sono risultati in lievissima maggioranza, di un punto percentuale in entrambi i casi (il 25% contro il 24 nel sondaggio CNN, il 38% contro il 37 in quello PPP). Nel risultato del sondaggio PPP c'è poi un dato particolarmente spiacevole per Obama: tra gli elettori "indipendenti", che a due settimane dal voto dovrebbero in teoria essere quelli che fanno la differenza, solo il 32% si sono detti ora più inclini a votare per Obama e ben il 48% si sono detti più restii; al contrario, il 47% si sono detti ora più propensi a votare per Romney e solo il 35% più restii. Inoltre, nel sondaggio CNN ben in 60% degli intervistati ha dichiarato di aver avuto l'impressione che Romney sarebbe in grado di fare il presidente.
Uscito su Good Morning America
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