Alla fine è sempre sulla Florida che si va a parare. Non è un caso se il terzo dibattito delle pre-primarie repubblicane, in programma per stasera ad Orlando con la regìa di Fox News in collaborazione con Google, si terrà li, come il precedente di dieci giorni fa - unico caso di due dibattiti consecutivi in uno statto Stato.
Il Sunshine State, che ospiterà anche la convention estiva che incoronerà il vincitore, è infatti notoriamente lo swing-state numero uno, per popolazione e quindi per numero di grandi elettori che manda al collegio elettorale (da quasi un secolo a questa parte nessuno è diventato presidente senza vincere in quello Stato - se non ci ceredete chiedete agli avvocati di George W. Bush e a quelli di Al Gore), ma anche per composizione strategica dei gruppi che ne compongono l'elettorato.
Innanzitutto la comunità ebraica, che lì è molto numerosa - la concentrazione in quello Stato e in quello di New York è una delle ragioni per cui i sette milioni di ebrei americani, pur rappresentando solo il 2,5% della popolazione nazionale, sono uno dei gruppi chiave per aggiudicarsi la Casa Bianca.
In Florida l'elettorato ebraico ha tradizionalmente una inclinazione a votare per i democratici, essendo diretta derivazione di quella newyorkese e comunque non diverso dall'elettorato ebraico-americano in genere, che nel 2008 votò all’82% per Obama (nel 2004 aveva votato per Kerry al 77%); ma di questi tempi la "relazione complicata" tra la Casa Bianca e il governo israeliano lo fanno apparire agli occhi degli aspiranti sfidanti repubblicani come un terreno di caccia lussureggiante.
In Florida l'elettorato ebraico ha tradizionalmente una inclinazione a votare per i democratici, essendo diretta derivazione di quella newyorkese e comunque non diverso dall'elettorato ebraico-americano in genere, che nel 2008 votò all’82% per Obama (nel 2004 aveva votato per Kerry al 77%); ma di questi tempi la "relazione complicata" tra la Casa Bianca e il governo israeliano lo fanno apparire agli occhi degli aspiranti sfidanti repubblicani come un terreno di caccia lussureggiante.
Poi ci sono i latinoamericani, che invece in Florida sono un gruppo piuttosto eccentrico perché composto in gran parte da cubani (esuli, si diceva un tempo; oggi più che altro figli o nipoti di) ed in secondo luogo da portoricani: due gruppi che, a differenza dei messicani che a livello nazionale rappresentano la stragrande maggioranza dei latinos, tendono a non essere troppo sensibili ai problemi dell'immigrazione, i primi perché più interessati alle questioni di "sicurezza nazionale" (non a caso la superstar cubanoamericana del momento, Marco Rubio, è un repubblicano che studia da esperto di politica estera in salsa neoconservatrice), i secondi perché tutti cittadini americani dalla nascita.
A quei due gruppi etnici se ne aggiunge uno, non meno strategico, anagrafico: gli anziani, perché la Florida, con il suo clima subtropicale, è da decenni la casa di riposo d'America - lo Stato in cui ritirarsi negli anni della pensione, a curarsi i reumi con le sabbiature e ad ammazzare il tempo con i molti svaghi balneari e non. L'elettorato senior è una delle componenti più impoirtanti dello zoccolo duro repubblicano, e la questione delle pensioni in tempi di ristrettezze economiche è a dir poco scottante, come si è già visto anche nei precedenti dibattiti di queste primarie repubblicane.
Poi il discorso andrebbe differenziato sul territorio, con il nordovest dello Stato molto più conservatore, omogeneo al confinate Alabama, il centro e la costa a nord di di Miami più liberal, perché popolati per lo più da pensionati provenienti da New York o dal Midwest, e l'estremo sud nuovamente conservatore per via dell'altissima concentrazione di cubanoamericani.
A tutte queste considerazioni legate all'elezione generale dell'anno prossimo, se ne aggiunge una che invece nasce dal quadro delle primarie così come lo vediamo in questi primi giorni di ottobre. I sondaggi attuali ci parlano di una corsa a due tra Rick Perry e Mitt Romney. L'anno prissimo i primi Stati a tenere le primarie saranno l'Iowa, la South Carolina, il Nevada e il New Hampshire. Se, come ora pare assai probabile, Perry si aggiudicherà i primi due e Romney vincerà a man bassanegli altri due, si arriverà in condizione di sostanziale parità al voto nel quinto, che è appunto la Florida (per la data si parla del 21 febbraio). In questo caso il Sunshine State si troverebbe a fare da ago della bilancia una volta di più. Oggi come oggi i sondaggi danno anche lì sfavorito Romney, che già alle primarie del 2008 proprio in Florida dovette dire addio ai sogni di gloria. Quest'anno la partita sarà più complessa perché la Florida è uno dei tanti stati in cui il partito ha optato per il passaggio dal voto winner-take-all al proporzionale. Ma su questo ci sarà occasione di tornare.
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