Oggi Camillo segnala un post di The Politico che "legge la partecipazione di Jim Steinberg, vice segretario di Stato americano, alla conferenza del centro studi di Bill Kristol e Bob Kagan Foreign Policy Initiative dal titolo inequivoco "Restoring America's leadership in a democratic world" come l'avvio di una possibile alleanza di convenienza tra Obama e i falchi della democrazia. "
Non si tratta di una forzatura del noto neoconologo e neoconofilo: il post, apparso ieri sul blog di Ben Smith, è intitolato "Si fa la corte ai neocon?", e dice - nemmeno si domanda - proprio che "There's an alliance of convenience between President Obama and interventionist elements of the Bush administration".
Manco a farlo apposta, giusto oggi quel volpone di Bob Kagan se ne esce con il suo corsivo mensile sul Washington Post spiegando in lungo e in largo che i parlamentari Repubblicani non devono fare scherzi e devono votare l'approvazione del nuovo trattato START sul disarmo nucleare USA-Russia tanto voluto dalla Casa Bianca.
Non è finita. Tornando nell'ambito della blogosfera - dove spesso ci si sblilancia a scrivere ciò che ancora non si osa proporre sulla carta - l'altroieri Federico Rampini notava sul suo blog repubblichino che per la sua tourné asiatica di questi giorni (che secondo Thomas Friedman va letta tutta in chiave di containment anti-Cina) Obama ha "scelto di visitare solo delle democrazie. Di fatto le quattro principali democrazie asiatiche: India, Indonesia, Giappone, Corea del Sud", e si spingeva a trarne conseguenze piuttosto drastiche:
"Con Obama gli Stati Uniti riscoprono “l’alleanza fra democrazie”, o una politica estera che è fondata anche sui valori. Vedi il lancio di una “partnership globale” con l’India subito seguita dalla richiesta che New Delhi condanni le elezioni-farsa in Birmania.Dopo due anni di politica estera Obama sembra aver trovato un registro nuovo. Conseguenza anche delle delusioni avute ogni volta che cercato di seguire i vecchi senitieri della realpolitik (il “G2″ con la Cina subito naufragato, le terribili delusioni del governo Karzai in Afghanistan)".
Una sparata gratuita? Sarà, però il giorno dopo il suo collega dell'Economist ha bloggato esattamente la stessa cosa, notando come nel suo discorso davanti al Parlamento indiano Obama (spudoratamente parlando a suocera perché nuora intenda) abbia inserito un plauso al fatto che gli indiani “anziché lasciarsi sedurre dall'idea errata che il progresso debba affermarsi a scapito della libertà, si sono dedicati alla costruzione di quelle istituzioni dalle quali dipende la democrazia”, sicché l'India è riuscita a progredire "non nonostante la democrazia, ma proprio grazie alla democrazia"; e in quello tenuto subito dopo all'Università di Giacarta abbia voluto sottlineare che i progressi fatti dall'Indonesia "dimostrano che la democrazia e lo sviluppo si rafforzano reciprocamente".
Il mormorio, quindi, è pressoché unanime: tira un'aria non dico bushiana ma sicuramente clintoniana, nel senso che l'Obama 2.0 sembra voler rispolverare almeno un pochino il filone della leadership globale "pro-democracy" che nel primo biennio sembrava esser stato paraculescamente accantonato (o meglio messo in sordina, ma mai apertamente rinnegato).
Inclusa, secondo alcuni, la vecchia idea della "Comunità delle Democrazie" (quella, per intenderci, che piaceva tanto alla Emma Bonino di qualche anno fa, e che viene inece sbrigativamente snobbata come "impraticabile" dalla Emma Bonino in versione PD).
Staremo a vedere.