È ufficiale: come avevo segnalato parecchio tempo fa, Ivo Daalder sarà il prossimo ambasciatore USA presso la NATO.
E questa potrebbe essere una notizia molto significativa. I media europei la stanno pressoché ignorando, ma in Russia è stata oggetto di attenzione quasi isterica: venerdì scorso l'autorevole quotidiano economico moscovita KOMMERSANT (diciamo una sorta di Sole24Ore russo - manco a dirlo di proprietà della Gazprom) è uscito con un articolo in cui si ipotizza che al summit celebrativo dei 60 anni della NATO che si terrà, con la partecipazione straordinaria del presidente Obama, fra due settimane, il 3 e il 4 di aprile, a Strasburgo (Francia, al confine con la Germania) e nell'adiacente Kehl (Germania, al confine con la Francia - a proposito: la Francia ovviamente parteciperà nel ruolo del celebrato figliol prodigo tornato alla casa del padre), gli americani potrebbero presentarsi squadernando sul tavolo una proposta rivoluzionaria di “de-regionalizzazione” dell’Alleanza, aprendo le porte al Giappone, all’Australia e alla Corea del Sud (per ora), e si fa il nome di Daalder come principale ispiratore di questo complotto.
Il perché è presto detto. Nato in Olanda e poi “americanizzatosi” con il matrimonio, autore di svariati brillanti saggi (l’ultimo, uscito poche settimane fa, ricostruisce la storia di tutti i Consiglieri per la Sicurezza Nazionale succedutisi dai tempi di Kennedy ad oggi), Daalder, che negli anni Novanta del secolo scorso aveva coordinato la politica per la Bosnia sotto la presidenza di Bill Clinton, per la quale lavorò come direttore degli Affari Europei al National Security Council, è un liberal “falco”: uno, per intenderci, che nel 2005 ha aderito all’appello con il quale il Project for a New American Century (il think-tank spesso additato come una sorta di “cupola” della lobby neoconservatrice), chiedeva a Bush di aumentare le truppe in Iraq (l’idea poi maturata nel “surge” del 2008).
Ma c’è in ballo qualcosa di molto, molto più specifico.
Daalder si era fatto notare nel 2004 con un corsivo sul Washington Post (scritto assieme a James Lindsay, con il quale l'anno prima aveva firmato un pamphlet piuttosto anticonformista, poi pubblicato anche in Italia) in cui proponeva l’istituzione di una “Alleanza delle Democrazie” chiamata a svolgere una ruolo di “punto focale della politica estera americana, analogamente a ciò che la NATO ha rappresentato durante la Guerra Fredda, ma su base non-regionale”; un club non aperto a tutti i Paesi “sedicenti” democratici, ma severamente “limitato ai paesi dove la democrazia è così radicata da ritenere impensabili processi regressivi verso forme autocratiche di potere”.
Successivamente, in vista del vertice NATO di Riga del novembre 2006, in cui si sarebbe discusso di possibili “allargamenti” dell’Alleanza Atlantica (in particolare dell’annessione al club di Ucraina e Georgia, “vale a dire Paesi che sono per Mosca ciò che il Messico e Cuba sono per Washington”, per dirla con le parole di Sergio Romano), Daalder pubblicò su Foreign Affairs un saggio , stavolta scritto a quattro mani con James Goldegeir della George Washington University, dall’eloquente titolo GLOBAL NATO, in cui in sostanza tentava di riformulare la medesima proposta inserendola però nell’ottica di una radicale ristrutturazione del “contenitore esistente” rappresentato dalla NATO.
Successivamente, in vista del vertice NATO di Riga del novembre 2006, in cui si sarebbe discusso di possibili “allargamenti” dell’Alleanza Atlantica (in particolare dell’annessione al club di Ucraina e Georgia, “vale a dire Paesi che sono per Mosca ciò che il Messico e Cuba sono per Washington”, per dirla con le parole di Sergio Romano), Daalder pubblicò su Foreign Affairs un saggio , stavolta scritto a quattro mani con James Goldegeir della George Washington University, dall’eloquente titolo GLOBAL NATO, in cui in sostanza tentava di riformulare la medesima proposta inserendola però nell’ottica di una radicale ristrutturazione del “contenitore esistente” rappresentato dalla NATO.
In un mondo in cui dei terroristi nati in Arabia Saudita e addestrati nei campi afghani elaborano ad Amburgo il piano di come dirottare aerei contro grattacieli a New York, la NATO – scrivono Daalder e Goldeiger in questo saggio (che guarda caso uscì in russo proprio sul KOMMERSANT) – è chiamata a “globalizzarsi”, ad andare molto al di là della dimensione “regionale” in cui nacque, aprendosi alla potenziale adesione “di qualunque Stato del pianeta che si mostri intenzionato e capace di contribuire a far fronte a quello che oggigiorno sono le nuove responsabilità della NATO”; laddove le “nuove responsabilità” (in contrapposizione a quelle “vecchie” che consistevano nella difesa territoriale dell’area euroatlantica) sono da intendersi come “combattere problemi globali in difesa dei valori e degli interessi comuni a tutti i paesi democratici”. Daalder propone quindi una NATO che includa ben altro che la Georgia e l’Ucraina: porte aperte ad Australia, Brasile, Giappone, India, Nuova Zelanda, Sud Africa, Sud Corea…. Insomma, una versione istituzionalizzata della “coalition of willing” di bushiana memoria.
Sul piano operativo, la proposta era quindi quella di emendare l’articolo 10 del trattato istitutivo della NATO (che attualmente limita a “Paesi Europei” la possibilità di entrare a far parte dell’Alleanza), fermo restando però l’art.5, ossia la “clausola di solidarietà” ai sensi della quale l’attacco sferrato contro un membro dell’Alleanza equivale ad un attacco contro la NATO nel suo complesso, ed impegna quindi gli alleati a dare aiuto al membro attaccato.
Sul piano operativo, la proposta era quindi quella di emendare l’articolo 10 del trattato istitutivo della NATO (che attualmente limita a “Paesi Europei” la possibilità di entrare a far parte dell’Alleanza), fermo restando però l’art.5, ossia la “clausola di solidarietà” ai sensi della quale l’attacco sferrato contro un membro dell’Alleanza equivale ad un attacco contro la NATO nel suo complesso, ed impegna quindi gli alleati a dare aiuto al membro attaccato.
Lì per lì l’idea non ebbe aulcuna fortuna. A ridosso del vertice di Riga si tenne un seminario proprio sul tema “Global NATO: Overdue or Overstretch?” ("NATO Globale: troppo o troppo tardi?"), nel quale il Segretario Generale della NATO Jaap de Hoop Scheffer (il cui mandato, per inciso, è in scadenza proprio in questi giorni) si scagliò letteralmente contro quella proposta: non abbiamo bisogno di globalizzarci, non vogliamo diventare il “gendarme del mondo”, ognuno faccia il suo mestiere, ecc.
Non solo il vertice di Riga non portò a sviluppi nel segno di una “globalizzazione” della NATO: al contrario, si chiuse con un clima di "gelo" tra gli USA e gli alleati sulla questione dell' "allargamento ad Est", e fu seguito da quello di Bucarest dell’aprile 2008 in cui gli USA, sotto la pressione dei principali governi europei, accettarono di accontentare i russi accantonando a tempo indeterminato il progetto di adesione alla NATO di Georgia e Ucraina.
Non solo il vertice di Riga non portò a sviluppi nel segno di una “globalizzazione” della NATO: al contrario, si chiuse con un clima di "gelo" tra gli USA e gli alleati sulla questione dell' "allargamento ad Est", e fu seguito da quello di Bucarest dell’aprile 2008 in cui gli USA, sotto la pressione dei principali governi europei, accettarono di accontentare i russi accantonando a tempo indeterminato il progetto di adesione alla NATO di Georgia e Ucraina.
Daalder però non si è dato per vinto.
Nell’agosto del 2007, ha scritto un corsivo sul Washinton Post in tandem con il famigerato Bob Kagan (qui ben noto all'ufficio), tornando a proporre un “Concerto di Democrazie” sul genere di quello da lui già proposto del 2004.
Kagan di lì a un anno è divenuto il principale ispiratore (nonché avvocato difensore) della proposta con la quale il candidato repubblicano alla Casa Bianca John McCain connotò il suo programma di politica estera: il senatore dell'Arizona promise che, se eletto, nel primo anno della sua presidenza gli USA avrebbe indetto un summit internazionale per gettare le basi di una “Lega delle Democrazie”, una nuova istituzione che “potrebbe intervenire laddove l’ONU fallisce”; ad esempio “nel coordinare le pressioni sul regime birmano, o su quello dello Zimbabwe, o nell’imposizione delle sanzioni su quello iraniano; e nel dare supporto alle democrazie in difficoltà in Serbia e in Ucraina”.
Nello stesso periodo, Daalder ha invece lavorato sul fronte opposto, nel faraonico staff della trionfale campagna elettorale di Barack Obama, dove però si è occupato d’altro, essendo stato messo a capo di un gruppo di quaranta consulenti che si occupavano di proliferazione nucleare.
Ora, su svariati siti internet rimbalza la teoria secondo la quale la nomina di Daalder alla NATO da parte del presidente Obama rivelerebbe le mire che la nuova Casa Bianca nutre sul futuro dell'Alleanza Atlantica (e non solo).
Kagan di lì a un anno è divenuto il principale ispiratore (nonché avvocato difensore) della proposta con la quale il candidato repubblicano alla Casa Bianca John McCain connotò il suo programma di politica estera: il senatore dell'Arizona promise che, se eletto, nel primo anno della sua presidenza gli USA avrebbe indetto un summit internazionale per gettare le basi di una “Lega delle Democrazie”, una nuova istituzione che “potrebbe intervenire laddove l’ONU fallisce”; ad esempio “nel coordinare le pressioni sul regime birmano, o su quello dello Zimbabwe, o nell’imposizione delle sanzioni su quello iraniano; e nel dare supporto alle democrazie in difficoltà in Serbia e in Ucraina”.
Nello stesso periodo, Daalder ha invece lavorato sul fronte opposto, nel faraonico staff della trionfale campagna elettorale di Barack Obama, dove però si è occupato d’altro, essendo stato messo a capo di un gruppo di quaranta consulenti che si occupavano di proliferazione nucleare.
Ora, su svariati siti internet rimbalza la teoria secondo la quale la nomina di Daalder alla NATO da parte del presidente Obama rivelerebbe le mire che la nuova Casa Bianca nutre sul futuro dell'Alleanza Atlantica (e non solo).
Volesse Iddio, aggiungiamo noi.
Intanto, due giorni fa la Associated Press ha raccolto una dichiarazione del ministro della difesa francese Herve Morin , il quale si oppone alla opzione di una “NATO Globale” e insiste affinchè nessuna espansione dell’alleanza abbia luogo senza previe trattative con la Russia; e l’ha posta in aperta contrapposizione con la posizione di Daalder.
Che sia l’inizio di qualcosa di interessante?
4 commenti:
Molto interessante grazie.
sarebbe ora di una coalizione dei "willing" a dispetto dell'elefantiaco immobilismo dell'onu. sperem. grazie ciao
Grazei a voi.
Stay tuned.
mah... la global nato o alleanza delle democrazie è un'idea di difficile realizzazione.
Cioè, ammesso che si faccia, bisogna poi capire perchè dovrebbe funzionare meglio o più efficacemente della NATO.
E secondo me non funzionerà meglio, ma peggio. Ora la nato ha 19 membri (boh, ho fino perso il conto), e funziona malissimo: no agreement on BMD, on Georgia, on Afghanistan.
Pensate se buttate dentro Australia, Giappone, Corea e chi più ne ha più ne metta. Se tanto mi da tanto, sarà solo più difficile avere decisioni e consenso.
Last but not least, Australia, Nuova Zelanda e altri paesi hanno già detto di non gradire l'idea.
saluti, aa.
ps: prima di espandere la NATO, è tanto se riusciamo a non farla morire.
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