A volte gli intellettuali sono più furbi dei politici.
Leggete questo corsivo di Bob Kagan sul Washington Post: la tesi (provocatoriamente eccentrica rispetto a quanto letto in giro nei giorni scorsi) è che la scarsa considerazione, da parte dell'Amministrazione Obama, per i diritti umani e la sua - tipicamente "realista" - scarsa propensione ad impiegare la leadership golbale americana per la promozione della democrazia nel mondo, sarebbe un elemento di continuità, non di discontinuità, rispetto alla presidenza Bush.
In fondo, dice Kagan, Bush ce l'ha smenata per anni con la famigerata "freedom agenda" più che altro a parole; nei fatti, luoghi comuni e chiacchiere retoriche a parte, la mitica "esportazione della democrazia" bushiana si è esaurita - dice (ora) Kagan - in un pur pregevole impegno in Ukraina, in Georgia e in Libano. Mentre al contempo, Bush:
- non risulta aver fatto nulla contro la regressione antidemocratica della Russia;
- "clintonianamente", non ha lasciato che la questione dei diritti umani interferisse nel fare affari con la Cina;
- ha sostenuto ad oltranza il regime pakistano di Musharraf;
- nel 2005 ha omesso di sostenere Mubarak nella democratizzazione dell'Egitto, e dal 2006, dopo che Hamas ha vinto le elezioni in Palestina, si è sostanzialmente disinteressato della democratizzazione del Medio Oriente in genere;
- se l'è fatta con dittatori e despoti vari in Kazakistan, in Azerbaijan, in Arabia Saudita.
Quanto alla guerra in Iraq e a quella in Afghanistan, sono state iniziative che andavano nella giusta direzione, ma gestite nel modo sbagliato sotto il profilo della strategia militare impiegata.
Morale della favola: secondo Kagan, se davvero Obama vuol realizzare un change rispetto all'era Bush, deve inaugurare non una stagione di disimpegno, ma al contrario una di impegno molto più concreto, sul fronte della "esportazione della democrazia": ovvero, deve essere.... molto più "kaganiano".
Bella mossa.
1 commento:
Bel pezzo e bel blog...che mi sono permesso di mettere fra i links amici
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