“Come Obama è diventato Mister Impopolarità” : tinte forti sin dal titolo per il pezzo con cui Michael Scherer, corrispondente dalla Casa Bianca per TIME, fa il punto sull'andamento sempre più disastroso di questa presidenza, sull'ultimo numero del settimanale uscito a ridosso del Labour Day (che in un anno elettorale segna la fine del periodo estivo e l'inizio della fase “hard” della campagna elettorale).
Qualche stralcio:
Quando Obama entrò in carica nel gennaio del 2009, la percentuale di elettori che gli esprimevano approvazione secondo la rilevazione della Gallup era del 68%: non si vedeva un consenso così elevato per un leader neoeletto dai tempi di John Kennedy nel 1961.
Oggi la percentuale è scesa poco sopra il 40%, il che significa che almeno un americano su quattro ha cambiato idea su Obama.
Il crollo è particolarmente drammatico fra gli elettori indipendenti, quelli bianchi e quelli di età inferiore ai 30 anni.
Ad appena nove settimane di distanza dalle elezioni di mezzo termine, invece della trasformazione generazionale che alcuni democratici avevano profetizzato dopo il 2008, il partito del presidente sta oscillando sull'orlo di un grave crollo a novembre, e rischia addirittura di perdere la maggioranza parlamentare in entrambe le camere.
Gli elettori che si dichiarano intenzionati a votare per i repubblicani superano di ben dieci punti percentuali quelli che si dicono propensi a votare per i democratici: si tratta del distacco più grande mai rilevato dalla Gallup in questo tipo di sondaggio.
Lo scorso giugno Peter Brodniz della Benenson Strategy Group, un'agenzia di sondaggi che lavora anche per la Casa Bianca, ha chiesto agli elettori se per dare impulso alla creazione di nuovi posti di lavoro preferissero “altri investimenti da parte dello Stato” o “tagli alle tasse sulle imprese”. Anche tra quelli che avevano votato per Obama, quasi il 38% preferiva i tagli alle tasse. Quando Brodniz ha proposto una alternativa fra tagli alla spesa per ridurre il debito pubblico ed investimenti in “ricerca, innovazione e nuove tecnologie”, un terzo degli elettori di Obama ha scelto i tagli. Il risultato dell'indagine, commissionata dal think tank “Third Way” (Terza Via), era inequivocabile: circa un terzo di coloro che avevano votato per Obama nel 2008 nutriva seri dubbi circa l'approccio basato sulla spesa pubblica.
La tesi dell'articolo è che lo scollamento rispetto all'opinione pubblica si deve in buona misura al fatto che decidendo di mettere in cantiere determinate riforme fintantoché era certo di avere abbastanza voti al Congresso, Obama è finito ostaggio dei leader democratici alla Camera e al Senato, che hanno ritenenuto di trovarsi in una situazione del genere “ora o mai più”, ed hanno spinto per imprimere a quegli interventi (uno per tutti: la riforma del sistema sanitario) una inclinazione statalista tanto cara alle frange più
liberal del partito ma pericolosamente impopolare per la gran parte degli elettori. Mentre rispetto alla questione che sta maggiormente a cuore a questi ultimi, cioé la disoccupazione, sia Obama che i parlamentari democratici sono apparsi scarsamente interessati.
Una cosa è certa: fa impressione leggere un articolo del genere proprio su TIME.
Ed anche
il 2009 pare ormai appartenere ad un'altra epoca.
Lo ripeto: sta succedendo qualcosa, non solo nel rapporto fra Obama e gli elettori, ma anche nel rapporto fra Obama e i grandi media.