Con il voto di oggi la lunga marcia delle primarie repubblicane approda nel profondo Sud, quello talmente sudista da aver lungamente votato in blocco fino agli anni Sessanta sempre e solo per il Partito Democratico, in odio ai Repubblicani che con Lincoln lo avevano piegato nella guerra Civile ed avevano liberato gli schiavi. Solo a partire dai tempi di Lyndon Johnson e Barry Goldwater i repubblicani cominciarono a riconquistare quelle terre a farne un loro feudo - e gli afroamericani che ci vivevano a votare per i Democratici. La partita di oggi si gioca lì, nei due Stati adiacenti e gemelli Alabama e Mississippi, in quella che nell'ultimo mezzo secolo è diventata la roccaforte repubblicana più inespugnabile (c'è anche una deviazione "pacifica" sulle Hawaii, che però assegnano solo 20 delegati). Proprio per questo motivo di solito le primarie in Alabama e in Mississippi passano inosservate, tanto riguardano due Stati che nell'elezione generale si sa giàm come voteranno. ma quest'anno è diverso: il test di tenuta di Romney non è ancora concluso, e quindi i riflettori si accendono anche per il "Cuore di Dixie".
Mitt Romney sarebbe in teoria nel posto sbagliato: troppo moderato, troppo del Nord, troppo mormone, in queste zone sarebbe candidato ad una sonora batosta. Eppure gli ultimi sondaggi disegnano un quadro un po' diverso. Ancora una volta la divisione dell'ala più conservatrice finisce per giovargli, spingendo lentamente ma inesorabilmente verso la candidatura il frontrunner più debole degli ultimi decenni. Ieri un sondaggio della NBC e del Washington Post ha rilevato che un elettore repubblicano su quattro pronostica che le primarie le vincerà lui, ma a malapena uno su tre se lo augura. Se sta vincendo, lo deve principalmente alla spaccatura che permane nel fronte avversario.
Oggi il fattore più favorevole per Romney ha nome e cognome: Newt Gingrich. Un rivale che non può vincere, ma può far perdere il rivale più pericoloso, Santorum. La candidatura alla Casa Bianca è ormai un obiettivo del tutto al di fuori della sua portata. Nella conta dei delegati alla convention nazionale, se Santorum appare in difficoltà perché si ritrova esattamente con la metà di quelli racimolati da Romney (212 il primo, 424 il secondo), il vecchio Newt è palesemente senza speranza, non arrivando nemmeno alla metà dei delegati di Santorum (ad oggi ne ha 103). Se oggi Newt non ci fosse, Santorum vincerebbe a mani basse le primarie in Alabama e Mississippi, superando di slancio il 50% ed umiliando Romney che prenderebbe poco più della metà. Invece in questa corsa a tre i sondaggi pronosticano un testa a testa in cui ciascuno potrebbe portare a casa suppergiù un 30%, il che lascerebbe invariato il quadro uscito dal Supermartedì, e quindi Romney debole ma pur sempre in testa.
La sintesi perfetta è quella di Michael Crowley di TIME:
Restando in gara Gingrich non minaccia Romney: lo protegge. L'incubo di Romney è quello vedere Newt che molla, lasciando a Santorum il ruolo di ultimo anti-Mitt in campo. Forse Gingrich ritiene che Romney abbia migliori possibilità di battere il presidente Obama, e vuole aiutarlo. O forse ce l'ha con Santorum, che ha offeso la sua storia di parlamentare, più di quanto ce l'abbia con Romney. O forse Newt è solo prudente, capisce che per lui un domani sarà più facile ottenere favori da un Presidente Romney che da un Presidente Santorum.
Quel che è certo è che in questa fase Newt è, di fatto, il miglior amico di Mitt. Lo spoglio di domani notte ci dirà qualcosa di più.
uscito su Good Morning America
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