"Dunque: per circa 74 minuti, Rick Perry ha dato la sua prestazione migliore in un dibattito da quando ha annunciato la sua candidatura presidenziale il 13 agosto. La sua grammatica non era sempre perfetta, non aveva messo a segno tutti i suoi punti, ma era energico, dinamico e appariva ben saldo in sella. Ha sbandierato con maestria il successo delle sue politiche in Texas e ha spiegato meglio di quanto non avesse mai fatto prima come quei successi si applicherebbero a quello che sarebbe il suo operato come Presidente.
Poi è giunto il momento in cui praticamente ogni spettatore deve aver concluso che egli ha posto termine ad ogni ragionevole chance di essere un candidato credibile: quando non è riuscito a ricordare il terzo dei tre ministeri dei quali il suo programma elettorale prevede l'eliminazione. I miei colleghi più giovani qui al Washington Examiner hanno twittato che questo era il momento peggiore in un dibattito presidenziale che avessero mai visto. Beh, io i dibattiti presidenziali li ho visti tutti, fin dal primo dibattito Kennedy-Nixon nel 1960: e quello di ieri è stato di gran lunga il momento peggiore in un dibattito che io abbia mai visto".
Le parole di un analista autorevole come Michael Barone, solitamente cauto nei giudizi, basterebbero da sole a definire l'esito del dibattito di ieri sera in Michigan.
Ma per la eventualità che si tratti di un suo guizzo di malumore, vale la pena di scorrere i giudizi dei suoi colleghi.
Mark McKinnon, illustre spin doctor texano già al fianco di George W. Bush e di John McCain:
"Rick Perry è ora ufficialmente il Charlie Brown dei candidati presidenziali. Mi ricorda quel ripetente che c'era in classe con me al liceo. Anche se era lì da molto più tempo di tutti gli altri (come uno che è governatore da 10 anni), ancora non sa le risposte da dare.
Una cosa è avere una defianche sul proghramma economico in cinquentasei punti di Mitt Romney. O anche su un piano economico in dieci punti. Ma quando stai parlando din un programma in tre punti e non riesci ad andare oltre il secondo, sei finito. Squalificato.
Perry ormai è un morto che cammina. Proseguirà nelle primarie solo per salvare la faccia, ma non risucirà a guadagnare neanche un voto. Anzi, perderà rapidamente anche quelli che aveva. Quando ridono di te, sei finito. I sostenitori di Perry ieri sono corsi a nascondersi nel buio e a staccare i manifesti".
Roger Simon, commentatore di punta di The Politico:
"I texani se ne intendono di marchi. Hanno dimestichezza con quelli a fuoco per il bestiame. E dopo il dibattito di ieri sera, in cui Perry non è stato in grado di ricordarsi la terza di tre cose che aveva da dire - vabbé, due su tre se le è ricordate, dategli un po' di tregua! - si è marchiato per sempre come il “Candidato Oops”, perché “oops” è tutto ciò che è riuscito a rispondere dopo aver frugato inutilmente nel suo cervello alla vana ricerca di una risposta per svariati secondi di agonia in diretta TV".
Qualunque altro commentatore si consulti, il giudizio è unanime: sentenza di morte, per suicidio.
Eccolo qui il magic moment, giudicate voi stessi:
Se non si fosse trattato di un dibattito particolarmente cruciale, se non fosse stata l'occasione d'oro per giocare l'asso del "Miracolo Texano" (un confronto ufficialmente tutto incentrato sulla crisi economica e sulla disoccupazione - non a caso si dibatteva in Michigan, poco lontano da Detroit), se dopo le deludenti performance nella prima tornata di dibattiti Perry non fosse scivolato stabilmente al quarto posto nei sondaggi, se quella di ieri sera non fosse stata l'occasione d'oro per riprendersi i consensi spostatisi su quello della pizza dopo che quest'ultimo è stato inchiodato da ben quattro accuse di molestie sessuali, e soprattutto se oramai non mancassero appena due mesi alle prime votazioni (in primis i caucus dell'Iowa, il primo test di tenuta "a destra" nelle primarie repubblicane): in mancanza di tutte queste circostanze, quella di ieri sera sarebbe stata solo una brutta gaffe.
Siccome invece le circostanze erano esattamente quelle, è più che comprensibile che tutti ne traggano le più drastiche conseguenze: nulla sarà più come prima.
Se fosse vero, si andrebbe veramente a parare sulla candidatura di Romney - uno per non beccarsi il quale la maggioranza degli elettori era sino ad ora disposta a votare persino quello della pizza.
Condivido quindi solo in minor parte le motivazioni per le quali Lexington definisce quello di ieri "L' OOPS che cambiò la storia del mondo"- anche se di per sè la definizione, bisogna dargliene atto, è splendida e molto azzeccata.
Condivido quindi solo in minor parte le motivazioni per le quali Lexington definisce quello di ieri "L' OOPS che cambiò la storia del mondo"- anche se di per sè la definizione, bisogna dargliene atto, è splendida e molto azzeccata.
Comunque, pare che dopo il dibattito Perry si sia presentato in sala stampa (contrariamente alle proprie abitudini), ed abbia regalato ai cronisti questa pennellata di autoironia cowboy: "Meno male che calzavo i miei stivali, perché sono sicuro di averne pestata una".
Su questo non c'è dubbio.
Al contempo, Aaron Blake del Washington Post riferisce di un "fundraiser di massimo livello" che ieri sera gli avrebbe confidato: "la campagna presidenziale di Perry è finita. Farebbe meglio a tornare a concentrarsi sul governo del Texas".