Nel 1980, in un insignificante paesucolo di seicento anime nel Sud dell’Oklahoma di nome Elmore City, uno studente del liceo si mise alla testa di una piccola ma pittoresca campagna per ottenere che il locale consiglio scolastico, nonché le locali autorità ecclesiastiche, acconsentissero finalmente a che nel locale liceo si tenesse il prom, il ballo di fine anno, come in tutti i licei d’America, nonostante una locale legge ultrabigotta risalente al 1898 vietasse il ballo in luoghi pubblici. Il fatto che il consiglio scolastico fosse presieduto dal papà della sua fidanzatina rendeva il tutto particolarmente romanzesco. Alla fine il ragazzo riuscì nell’intento e gli adolescenti di Elmore City ebbero finalmente il loro sospirato ballo, nel quale poterono scatenarsi come negli anni precedenti non avevano mai potuto fare, ma avevano potuto sognare guardando al cinema “Grease” e “La Febbre del Sabato Sera”.
Se vi sembra di aver già sentito questa storiella da qualche parte, non sbagliate: essa attirò l’attenzione dei media nazionali, e di conseguenza anche quella di un giovane cantautore e sceneggiatore di nome Dean Pitchford il quale ne ricavò il soggetto per quello che era destinato a divenire uno dei film più emblematici di quei ruggenti anni Ottanta.
Nella sceneggiatura il paesino venne ribatezzato “Bomont”, pur lasciandolo in Oklahoma (le riprese sarebbero però girate nello Utah); il protagonista divenne un ragazzo di città, anzi metropolitano, appena trasferitosi da Chicago con pochissima voglia di piegarsi alle regole della piccola provincia; il suo antagonista e padre della sua ragazza è addirittura il pastore della chiesa del paese; ed il divieto di ballare da antico divenne di recente adozione, dopo che alcuni adolescenti erano morti in un incidente d’auto al rientro da una festa un po’ troppo allegra.
Balletti a parte, la scena clou è quella in cui il protagonista sfida le autorità sul loro stesso terreno, dibattendo pubblicamente in consiglio comunale il fatto che la Bibbia non condanni, ma celebri come buona cosa la danza: il Salmo 149 ("Lodate il suo nome con la danza"), ma anche la storia di Davide che ballò dinnanzi a Dio, e l' Ecclesiaste, e così via.
Un sano pubblico confronto che risolve tutto nel modo più democratico ma anche più meritocratico: un classico dell’american dream.
E così persino in quel filmetto leggero e frivolo resta intrappolato, come un insetto nell’ambra, uno scorcio di quella America ottimista e piena di fiducia in se stessa, la stessa che si accingeva a rieleggere trionfalmente il presidente che proclamava con convinzione che (dopo il buio degli anni Settanta) era finalmente “di nuovo mattino”.
Ecco: se avete nostalgia di quegli anni, questo è il vostro momento. Footloose fa parte, per dirla con il sito Mental Floss, delle “trenta cose che compiono trent’anni nel 2014” (assieme, fra l’altro, al computer Macintosh, all’album “Born in the USA” di Bruce Springsteen, al videogioco Tetris, al telefilm “I Robinson”). Ufficialmente succede proprio oggi, giacchè debuttò nelle sale cinematografiche americane il 17 febbraio del 1984. Ebbe un notevole successo anche se dovette vedersela con molti altre pellicole che nello stesso anno si contesero i favori del pubblico più giovane (da “Karate Kid” a “Indiana Jones e il Tempio Maledetto”, da “Ghostbusters” a “Un Piedipiatti a Beverly Hills” a “Gremlins”. Il 1984 è un anno di eruzione vulcanica hollywoodiana).
Concepito con forte componente di musica e danza, sulla scorta del grande successo di “Flashdance” uscito l’anno prima, lasciò il segno anche la sua colonna sonora, per la quale lo stesso Dean Pitchford (che aveva già collaborato a quella di "Saranno Famosi") scrisse anche tutti i testi delle canzoni. Il disco raggiunse il primo posto della classifica di Billboard ponendo fine alle dieci settimane di primato di “Thriller” di Michael Jackson. L’autore ed interprete della canzone che porta lo stesso titolo del film, Kenny Loggins, sulla scorta di quel successone avrebbe poi firmato altri grandi hit per i maggiori blockbuster degli anni Ottanta (uno per tutti: “Top Gun”).
Colonna sonora a parte, Footloose fece la fortuna di molti attori. A cominciare dal protagonista, il quasi-esordiente Kevin Bacon. L’anno scorso,intervistato in TV da Conan O’ Bryen, lui stesso ha rivelato che il direttore dello studio di produzione si era opposto al suo ingaggio perché lo giudicava “non scopabile” (“ed io ci rimasi male, perché avevo 24 anni e mi consideravo scopabile eccome!”). Lo studio voleva un bellone: avevano preso di mira Tom Cruise, in considerazione del celebre balletto in “tre pezzi” (camicia slip e calzini) con il quale si era fatto notare l’anno prima in “Risky Business”, oppure in subordine Rob Lowe. Ma alla fine il regista ed il produttore del film promossero Bacon, il quale da lì in poi divenne una star e lo rimase ben oltre gli anni Ottanta. Nel 1990 fu tra i protagonisti di “Tremors”, l’anno dopo ebbe una parte in “JFK” di Oliver Stone, e quello successivo in “Codice d’Onore” di Rob Reiner; ma lo ricordiamo anche in “Mystic River” di Clint Eastwood (2003), e più recentemente nei panni del personaggio dei fumetti Sebastian Shaw in un film della fortunata serie “X-Men”. Alla fine, come mezza Hollywood, anche lui è approdato alla tv: attualmente è il detective Ryan Hardy nella serie “The Following”.
Una chicca: anche tra i comprimari vi è un nome che probabilmente pochi associano a Footloose, quello di Sarah Jessica Parker che quindici anni più tardi sarebbe divenuta arcinota nel ruolo di Carrie Bradshow, la protagonista della serie TV “Sex and the City”.
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