mercoledì 14 settembre 2011

LOSING NEW YORK NEVER EASY

Certo, il nono collegio congressuale di New York - che comprende parte di Brooklyn e del Queens - non è uno dei più progressisti della Grande Mela; ma è pur sempre uno dei tanti in cui i Democratici newyorkesi tradizionalmente hanno sempre vinto - magari di poco, ma sempre - negli ultimi 90 anni (dico: 90 anni, si risale a prima della Grande Depressione).
La sconfitta del candidato democratico alle suppletive di ieri, indette per riassegnare il seggio alla Camera lasciato vacante da Anthony Weiner (quello che si era dimesso per essere stato pizzicato a fare lo sporcaccione su Twitter), è quindi un fatto carico di significato simbolico. Il partito di Obama sconfitto da un Carneade qualunque proprio lì, "in casa", in quella che si era confermata una delle sue ultime roccaforti anche nella malasorte delle ultime midterm - in quell'occasione Weiner aveva vinto in quel collegio di ben 20 (dico: 20) punti percentuali - e che pochi mesi fa aveva fatto sognare l'America liberal introducendo i matrimoni omosessuali e proiettando sulla ribalta nazionale il governatore Andrew Cuomo, prontamente ed incautamente insignito dai media del prematuro ruolo di potenziale successore di Obama.
Viene in mente il precedente del gennaio 2010, quando la disfatta in un'altra elezione suppletiva e in un'altra roccaforte demoratica, il Massachusetts (allora si riassegnava il seggio senatoriale dello scomparso Ted Kennedy), protagonista anche in quel caso uno sfidante repubblicano semisconosciuto votato per protesta, segnò l'inizio del lungo inverno che il 44esimo presidente sta attraversando.
La settimana scorsa Lexington sull'Economist descriveva una sensazione diffusa di "sprofondamento in una spirale infernale alla Jimmy Carter" (chi mi legge sa bene di che si tratta). Stanotte il barometro della Casa Bianca ha registrato un ulteriore peggioramento, mentre tra le fila dei repubblicani sta montando una baldanza per farsi un'idea della quale basta leggere il dispaccio euforico che stamattina Bill Kristol ha inviato "da Manhattan, ma con il cuore dell'altra parte del ponte di Brooklyn", emblematicamente intitolato "New York, New York!" come quella vecchia canzone il cui verso più celebre, non a caso, recita: "se ce la puoi fare qui / ce la puoi fare dappertutto".

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