Elwood: "Ehi, che sta succedendo?"
Poliziotto: "Quei figli di puttana hanno vinto il
processo e fanno una dimostrazione".
Elwood: "Quali figli di puttana?"
Poliziotto: "Quegli stronzi del Partito Nazista".
Elwood: "Hm! I nazisti dell'Illinois. Prrr"
Jake: "Io li odio i nazisti dell'Illinois."
Non si trattava di un parto estemporaneo della (geniale) fantasia
di Dan Aykroyd e di John Landis. Nella Chicago degli anni Settanta, all’ombra
di violenze politiche di ben altra portata, c'era davvero anche una piccola ma
rumorosa associazione neonazi di nome National
Socialist Party of America, che cercava consensi tra la popolazione bianca
della città, in quei quartieri nei quali l'espansione del mega-ghetto nero del
South Side generava maggiore attrito.
E la causa l'avevano vinta per davvero. Nel 1977 avevano
indetto una manifestazione, una delle loro parate in “camicia marrone,
pantaloni marrone scuro, stivali neri, più una fascia attorno al braccio
sinistro raffigurante una svastica”. In costume nazista, insomma. Ma quella
volta avevano scelto di tenerla proprio a Skokie, un sobborgo di Chicago che
ospitava una delle più nutrite comunità di ebrei sopravvissuti all'Olocausto al
di fuori di Israele. I residenti si erano energicamente opposti, ed il sindaco
di Skokie aveva dapprima posto una serie di limitazioni sulle modalità della
manifestazione, ed infine l'aveva del tutto vietata.
"Negli Anni
Sessanta" commentò il settimanale TIME "i tribunali federali
invocarono i principi del Primo Emendamento per proteggere le marce per i
diritti civili in alcune città del Sud che si trovavano in fiamme. Nonostante
le gravi minacce di violenza, le dimostrazioni risultarono pacifiche, grazie
all'intervento della polizia statale e locale che intervenne su ordine di quei
tribunali. Ma a quanto pare i diritti costituzionali protetti a Selma, in
Alabama, nel 1965 non possono essere garantiti nella Chicago del 1977".
E invece sì, che potevano. I nazisti dell’Illinois fecero
ricorso in Tribunale, affidando la propria causa a Burton Joseph, ebreo,
avvocato della Unione Americana per i Diritti Civili, che aveva difeso anche i
pacifisti arrestati per i disordini alla Convention Nazionale Democratica di
Chicago del 1968. Era in gioco il mitico Primo Emendamento, che in America
garantisce la libertà di parola (il cosiddetto "free speech").
Il municipio di Skokie perse la causa, sia in primo grado che in appello; tentò infine un ricorso alla Corte Suprema, sul quale quest’ultima rifiutò di pronunciarsi per manifesta infondatezza, confermando così che la decisione adottata dai tribunali era corretta e che il diritto al “free speech” in America è talmente ampio da includere anche l'“hate speech”.
Soddisfatti di quella vittoria, i nazisti dell’Illinois a quel punto accondiscesero a tenere la loro manifestazione altrove, mentre i residenti ebrei di Skokie dettero sbocco alla propria mobilitazione creando in città un museo dell’Olocausto.
Quello storico precedente è stato evocato, più o meno implicitamente, anche dall'attuale presidente della Corte Suprema, John Roberts, quando lo scorso aprile ha motivato la sentenza con la quale la Corte ha abrogato, in quanto incompatibile con il Primo Emendamento, la parte della legge sui finanziamenti elettorali che limitava quelli più ingenti raccolti da super-comitati finanziati da miliardari: “se il Primo Emendamento tutela persino il diritto a tenere parate naziste, di certo tutela anche quello alla propaganda elettorale, anche se impopolare”.
Ci ripensavo nelle scorse ore, leggendo la notiziola del finto “nazista dell’Illinois” fermato dalla Digos a Bergamo mentre sfotteva le “Sentinelle in Piedi” che manifestavano in opposizione (alquanto pacificamente, provocando proteste in alcuni casi assai meno pacifiche) al disegno di legge contro l’omofobia. Cronache da un pianeta dove è vietato penalmente mascherarsi da nazisti (al punto tale da poter passare un guaio persino se lo si fa con intento satirico), è vietato penalmente tenere manifestazioni razziste, qualcuno vorrebbe vietare penalmente anche l’esprimere opinioni omofobe, e così via. Oltreoceano, dove sin da principio si è adottato il principio inverso (quello secondo il quale conviene lasciare che certe idee vengano espresse pubblicamente, anziché relegarle nelle catacombe), forse se la passano meglio.
Uscito su The Post Internazionale
Il municipio di Skokie perse la causa, sia in primo grado che in appello; tentò infine un ricorso alla Corte Suprema, sul quale quest’ultima rifiutò di pronunciarsi per manifesta infondatezza, confermando così che la decisione adottata dai tribunali era corretta e che il diritto al “free speech” in America è talmente ampio da includere anche l'“hate speech”.
Soddisfatti di quella vittoria, i nazisti dell’Illinois a quel punto accondiscesero a tenere la loro manifestazione altrove, mentre i residenti ebrei di Skokie dettero sbocco alla propria mobilitazione creando in città un museo dell’Olocausto.
Quello storico precedente è stato evocato, più o meno implicitamente, anche dall'attuale presidente della Corte Suprema, John Roberts, quando lo scorso aprile ha motivato la sentenza con la quale la Corte ha abrogato, in quanto incompatibile con il Primo Emendamento, la parte della legge sui finanziamenti elettorali che limitava quelli più ingenti raccolti da super-comitati finanziati da miliardari: “se il Primo Emendamento tutela persino il diritto a tenere parate naziste, di certo tutela anche quello alla propaganda elettorale, anche se impopolare”.
Ci ripensavo nelle scorse ore, leggendo la notiziola del finto “nazista dell’Illinois” fermato dalla Digos a Bergamo mentre sfotteva le “Sentinelle in Piedi” che manifestavano in opposizione (alquanto pacificamente, provocando proteste in alcuni casi assai meno pacifiche) al disegno di legge contro l’omofobia. Cronache da un pianeta dove è vietato penalmente mascherarsi da nazisti (al punto tale da poter passare un guaio persino se lo si fa con intento satirico), è vietato penalmente tenere manifestazioni razziste, qualcuno vorrebbe vietare penalmente anche l’esprimere opinioni omofobe, e così via. Oltreoceano, dove sin da principio si è adottato il principio inverso (quello secondo il quale conviene lasciare che certe idee vengano espresse pubblicamente, anziché relegarle nelle catacombe), forse se la passano meglio.
Uscito su The Post Internazionale
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