Chris Christie, il sempre più amato governatore “extralarge” del New Jersey, dice che non gli è piaciuto vedersi sulla copertina del nuovo numero di Time, nelle edicole domani, per via di quel titolo (“The Boss”) che oltre che alla sua nota passione per il suo conterraneo Bruce Springsteen allude goliardicamente anche alla mafia, giocando sulla fortissima componente italoamericana dello Stato da lui governato. Tanto più sotto a quella sua foto con l’espressione torva che lo fa sembrare uno dei Sopranos. “Citerò l’editore in tribunale per diffamazione razziale anti-italiana”, ha detto ieri in un’intervista radiofonica. Scherzava: è un uomo spiritoso. Ma è anche un uomo molto furbo. Da buon New Jerseyan ha una mamma italoamericana (come del resto il suo idolo musicale, il quale se avesse preso il cognome materno invece che Springsteen si sarebbe chiamato Bruce Zerilli), ma soprattutto ha a cuore i voti dei moltissimi italoamericani che risiedono e votano nel suo Stato.
Telegenico benchè disperatamente obeso, pragmatico nella sostanza ma passionale e carismatico nello stile, Christie è un’anomalia politica: il New Jersey tradizionalmente è una roccaforte Democratica (come la confinante New York, del resto) eppure lui, repubblicano tutt’altro che politicamente corretto, la governa da ormai più di tre anni con un tasso di popolarità che non è mai stato particolarmente basso, ma che è schizzato ad altitudini siderali dopo che lo scorso 29 ottobre l’uragano Sandy ha devastato il suo Stato lasciando a lungo decine di migliaia di persone senza casa o comunque in condizioni tragiche. Si era nel vivo della campagna elettorale e fino a quel momento Christie, che due mesi prima aveva persino avuto l’onore di tenere il keynote speech alla Convention Nazionale Repubblicana di Tampa, era stato fino a quel momento uno dei più attivi e leali sostenitori della candidatura di Mitt Romney. Ma di fronte all’emergenza ha deciso di mettere da parte la politica politicante ed ha collaborato strettamente con la Casa Bianca per gestire al meglio i soccorsi. I vertici del partito e molti opinionisti conservatori lo hanno criticato duramente, qualcuno lo ha accusato di intelligenza con il nemico, ma l’opinione pubblica lo ha premiato, ed altrettanto hanno fatto i mainstream media da parte dei quali non si vedeva tanto amore per un repubblicano dei tempi del picco di popolarità di John McCain nelle primarie presidenziali del 2000.
E pensare che l'anno scorso l’establishment del GOP lo voleva a tutti i costi candidato alla Casa Bianca: lui si fece a lungo corteggiare ma alla fine si negò. Vi furono allora forti pressioni perché entrasse nel ticket come vice, ma niente da fare. Il fatto è che Christie è sempre andato a genio all’establishment, ma anche alla base più ruspante e arrabbiata: il mondo dei Tea Party e dei tribuni ultraconservatori alla Rush Limbaugh lo ha amato non solo per il suo stile focoso (che a volte lo fa somigliare un po' ad un altro celebre "boss" del New Jersey, quello delle torte - il quale non ha perso l'occasione di farne una tutta per lui), ma anche per la sua battaglia per tagliare la spesa di uno Stato devastato dal deficit, un braccio di ferro contro la sinistra Democratica ma anche contro i sindacati.
Ma sulla diffusione delle armi, sui diritti delle coppie gay, sull'immigrazione e su altri temi Christie è nella sostanza un moderato, un centrista. Il che lo contrappone ai vertici del partito nei cui confronti anche negli ultimi giorni ha scagliato pubblicamente i suoi strali per via dei ritardi nell’approvazione del piano di aiuti post-uragano.
A novembre Christie dovrà conquistare una rielezione che oggi pare scontata: il suo tasso di popolarità tra gli elettori democratici è addirittura maggiore di quello presso i repubblicani, e si stenta a reperire un kamikaze che si immoli a sfidarlo (caso clamoroso in New Jersey, dove tradizionalmente i Democratici giocano in casa). Persino l’obamiano Bruce Springsteen, nei cui confronti egli aveva a lungo coltivato un amore non corrisposto, da ultimo gli ha concesso la sospirata amicizia.
Ma la vera posta in gioco non è la rielezione come governatore: la vera questione sono le presidenziali del 2016. Christie sarà protagonista del dopo-Obama? Difficile a dirsi. La nuova cover-story di Time ipotizza che possa essere un "master of disaster", un salvatore dal disastro per il suo partito devastato dalla sconfitta elettorale come lo è stato per la Jersey Shore devastata da Sandt. Ma per ottenere la candidatura alla Casa Bianca occorre vincere le primarie in posti molti diversi dal New Jersey. Staremo a vedere: per ora si è ben piazzato ottenendo che la presidenza della influente Associazione dei Governatori Repubblicani, in questi anni detenuta dal governatore del Texas Rick Perry, gli venga assegnata l’anno prossimo, con una sorta di staffetta con Bobby Jindal della Louisiana, che rivestirà la carica per quest’anno - un altro governatore dalle grandi ambizioni.
Chris Christie ospite al SaturdayNightLive, con l'ormai inseparabile felpa blu griffata Sandy. Occhi puntati al 2016 twitter.com/aletapparini/s…
— ALESSANDRO TAPPARINI (@aletapparini) Novembre 18, 2012
E pensare che l'anno scorso l’establishment del GOP lo voleva a tutti i costi candidato alla Casa Bianca: lui si fece a lungo corteggiare ma alla fine si negò. Vi furono allora forti pressioni perché entrasse nel ticket come vice, ma niente da fare. Il fatto è che Christie è sempre andato a genio all’establishment, ma anche alla base più ruspante e arrabbiata: il mondo dei Tea Party e dei tribuni ultraconservatori alla Rush Limbaugh lo ha amato non solo per il suo stile focoso (che a volte lo fa somigliare un po' ad un altro celebre "boss" del New Jersey, quello delle torte - il quale non ha perso l'occasione di farne una tutta per lui), ma anche per la sua battaglia per tagliare la spesa di uno Stato devastato dal deficit, un braccio di ferro contro la sinistra Democratica ma anche contro i sindacati.
Ma sulla diffusione delle armi, sui diritti delle coppie gay, sull'immigrazione e su altri temi Christie è nella sostanza un moderato, un centrista. Il che lo contrappone ai vertici del partito nei cui confronti anche negli ultimi giorni ha scagliato pubblicamente i suoi strali per via dei ritardi nell’approvazione del piano di aiuti post-uragano.
A novembre Christie dovrà conquistare una rielezione che oggi pare scontata: il suo tasso di popolarità tra gli elettori democratici è addirittura maggiore di quello presso i repubblicani, e si stenta a reperire un kamikaze che si immoli a sfidarlo (caso clamoroso in New Jersey, dove tradizionalmente i Democratici giocano in casa). Persino l’obamiano Bruce Springsteen, nei cui confronti egli aveva a lungo coltivato un amore non corrisposto, da ultimo gli ha concesso la sospirata amicizia.
Ma la vera posta in gioco non è la rielezione come governatore: la vera questione sono le presidenziali del 2016. Christie sarà protagonista del dopo-Obama? Difficile a dirsi. La nuova cover-story di Time ipotizza che possa essere un "master of disaster", un salvatore dal disastro per il suo partito devastato dalla sconfitta elettorale come lo è stato per la Jersey Shore devastata da Sandt. Ma per ottenere la candidatura alla Casa Bianca occorre vincere le primarie in posti molti diversi dal New Jersey. Staremo a vedere: per ora si è ben piazzato ottenendo che la presidenza della influente Associazione dei Governatori Repubblicani, in questi anni detenuta dal governatore del Texas Rick Perry, gli venga assegnata l’anno prossimo, con una sorta di staffetta con Bobby Jindal della Louisiana, che rivestirà la carica per quest’anno - un altro governatore dalle grandi ambizioni.
Uscito su Good Morning America
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