Adesso che il fu leader di Al Qaeda giace sepolto in fondo al mare, a catturare l’attenzione degli addetti ai lavori è questo buffo toponimo, Abbottabad, che non conduce ad una grotta nella remota località disabitata tra i picchi del Waziristan che tutti si immaginavamo, bensì ad un palazzo in una ridente cittadina, non al confine con l’Afganistan bensì nel cuore del Pakistan, ad un’ora di auto a nord di Islamabad, addirittura sede di una base militare e dell'accademia militare pakistana. E’ lì che ieri sera il commando messo pazientemente in campo dalla CIA e dal Navy SEALS ha effettuato il raid che ha finalmente “fatto giustizia”.
Le analisi sulle implicazioni che questo evento avrà sulla”guerra al terrorismo” e sulla politica internazionale terranno banco per giorni o settimane, magari discettando su come questo evento dimostri che oramai Osama non era poi così importante. Ma i simboli contano, eccome: ed è fin troppo facile intuire le implicazioni che questo evento sta già avendo sulla politica interna americana. La scena della folla in festa radunatasi stanotte davanti alla Casa Bianca dice tutto, anche perché – rubo le parole al tweet di Sohaib Athar “è un fatto raro”. Ad un presidente che termina il primo mandato basta sempre poco per strappare la rielezione: stanotte Obama ha mostrato al mondo di non essere un Jimmy Carter, ed è difficile che tanto non gli basti perché da stanotte la partita contro Bin Laden non sia la sola a potersi considerare chiusa.
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