Nel raccontare l'America, l’Economist è senza dubbio la miglior testata non-americana; sicché qui si segue con un pizzico di apprensione l'intenso turnover nella titolarità della mitica rubrica “Lexington”, a lungo egregiamente curata dal bravissimo Adrian Wooldridge che appena dieci mesi fa la lasciò per rimpatriare a Londra da dove ora si occupa di “global business” (qui la sua nuova rubrica).
Poiché l’anno scorso questo blog fu il primo, nel suo piccolo, a segnalare ai lettori italiani (non senza una certa malinconia) l’avvicendamento a quella “postazione”, è oggi doveroso segnalare che, a distanza di appena dieci mesi, Lexington sta di nuovo per “cambiare identità”: a Robert Guest, che nel 2009 prese il posto di Wooldridge, succede ora Peter David, il quale a sua volta era succeduto a Wooldridge nel dirigere la redazione americana del settimanale, dopo essersi lungamente occupato di Medio Oriente.
Poiché l’anno scorso questo blog fu il primo, nel suo piccolo, a segnalare ai lettori italiani (non senza una certa malinconia) l’avvicendamento a quella “postazione”, è oggi doveroso segnalare che, a distanza di appena dieci mesi, Lexington sta di nuovo per “cambiare identità”: a Robert Guest, che nel 2009 prese il posto di Wooldridge, succede ora Peter David, il quale a sua volta era succeduto a Wooldridge nel dirigere la redazione americana del settimanale, dopo essersi lungamente occupato di Medio Oriente.
Qui l’addio del Lexington uscente “ad interim”, e qui la autopresentazione di quello nuovo entrante (“l’ultima volta che ho firmato una corrispondenza da Washington, il presidente era Ronald Reagan… scrivevamo i nostri pezzi con la macchina dattilografica e li passavamo a Londra con una telescrivente… c’erano l’Unione Sovietica e la Guerra Fredda… gli americani mandavano i marines in Libano… anche allora si faceva un gran parlare di declino della potenza americana: il paese era terrorizzato dall’idea di perdere terreno sul piano dell’economia, della scienza e dell’innovazione, anche se allora si temeva l’avanzata del Giappone, la Cina non se la filava nessuno… Barack Obama era uno studente alla Columbia University, nel pieno dei suoi anni di formazione e di “ascetico” abbandono delle droghe e dell’alcol e passaggio verso un futuro da “persona seria””).
Camillo, stavolta molto attento alla novità, la segnala come una probabile buona notizia, non avendo trovato memorabile il “nuovo” Lexington di questi dieci mesi - e in effetti non si può dargli torto.