...delle tante strumentalizzazioni della stagione di Obama-mania, questa le batte sicuramente tutte (persino questa e questa), quanto a furbizia e a tempismo :))
lunedì 26 gennaio 2009
mercoledì 21 gennaio 2009
A NEW HOPE - UNA NUOVA SPERANZA
Spigolature - Ieri Obama ha cominciato la sua giornata di insediamento con una breve funzione religiosa alla Chiesa episcopale di St. John, una tradizione instaurata da Franklin Delano Roosevelt.
Il celebrante, il popolare reverendo T. D. Jakes (mega- pastore-manager di una mega-chiesa-azienda di Dallas da lui fondata, nonché punto di riferimento della comunità afroamericana e timoniere di un piccolo impero editoriale), si è fatto riconoscere per questo passaggio:
Il celebrante, il popolare reverendo T. D. Jakes (mega- pastore-manager di una mega-chiesa-azienda di Dallas da lui fondata, nonché punto di riferimento della comunità afroamericana e timoniere di un piccolo impero editoriale), si è fatto riconoscere per questo passaggio:
“Io mi rivolgo a Lei come farebbe il mio figlio quattordicenne che è qui oggi, il quale probabilmente non citerebbe le Sacre Scritture, ma piuttosto Star Trek [ sic ]… E quindi, io dico: “Che la Forza sia con Te!” ”
martedì 20 gennaio 2009
OBAMA : LAIF IS NAU?
"Io c'ero in quello stadio, alla convention del partito democratico, quando Obama fece il suo discorso di accettazione della candidatura lo scorso agosto. Fu affascinante, commovente, versai anche una lacrimuccia. Ma, stranamente, non riesco a ricordarmi una sola parola di ciò che disse. E lo stesso vale per il comizio che fece a Berlino sempre la scorsa estate: centinaia di migliaia di persone accorsero e lo acclamarono... ma ben pochi sono in grado di ricordare una sola frase del suo discorso. [...] Quando a parlare è Barack Obama, il messaggio è lui stesso. Piace non per quello che dice, ma per quello che è.
[...] Il nuovo presidente è egli stesso ben consapevole del fatto che il suo essere vago ed elusivo non fa che aumentare la sua forza politica. Nella prefazione del suo libro "The Audacity of Hope", scrive che: “io funziono come uno schermo bianco, sul quale una moltitudine di persone delle più disparate appartenenze politiche proietta la propria visione” [...]
Ma una volta insediatosi alla Casa Bianca, la musica cambierà. Governare significa prendere decisioni. da presidente, Obama verrà finalmente giudicato non per quello che è o per quello che dice, ma per quello che fa".
In questo suo eccellente corsivo di ieri, il caporedattore per gli esteri del FT (non sospettabile di simpatie per i repubblicani) non fa che sviluppare un ragionamento abbozzato per la prima volta più di quattro mesi fa dal mitico Christofer Hitchens (che pure ad Obama poi diede, pur con serie riserve e dopo lunghe e tormentate esitazioni, il suo endorsement):
Siate onesti: quante frasi sapreste citare dal suo discorso di accettazione alla convention di Denver? Ah ecco, lo sapevo: manco una. Va bene, allora mi sapreste fare almeno una citazione dal suo acclamato discorso all'evento elettorale di Berlino? Me lo immaginavo. OK, aiutatemi voi a farla finita: di certo siete in grado di menzionare una frase o due dal suo imprescindibile "discorso sulla razza" di Filadelfia (che alcuni intellettuali di sinistra hanno paragonato nientemeno che al discorso di Gettysburg)? No, non la frase sulla sua nonna bianca. Oh, povero me. Capite ora cosa intendo dimostrare?
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Giuliano da Empoli (altro commentatore tutt'altro che ostile al nuovo presidente), nel suo imperdibile "Obama - la politica nell'era di Facebook", ha definito ha definito Obama “il primo leader nato su Facebook”, nelò senso che “è un uomo di 45 anni che ha già scritto più di 800 pagine di autobiografia. Invece di un programma, presenta all’elettorato una storia: la sua.” [...] "in questo è perfettamente in sintonia con una generazione di narcisisti che si raccontano su internet, filmano con i cellulari ogni loro gesto, partecipano ai reality show e hanno per massima aspirazione quella di apparire in televisione. La Me-Generation ha trovato il suo portabandiera”.
E in effetti, la "Me-generation" ha il vizio dell'esibizionismo ma non quello, assai più faticoso, della memoria: ragion per cui l'oratoria di Obama funziona benissimo anche se (o forse proprio perchè) non lascia tracce nei ricordi del suo commosso pubblico.
Un po' come Facebook, appunto: il sito-vetrina dell'emozione effimera, dove tutti siamo in scena per poche ore ma poi a distanza di pochi giorni ogni nostro scritto scivola inesorabilmente via senza poter essere ripescato in un archivio.
Ma quando si arriva nella stanza dei bottoni, col Blackberry o senza, la musica cambia.
E quindi: la cerimonia di oggi è l'ultima facebookata di Obama, possiamo fare anche a meno di guardarla.
Lo spettacolo vero, da seguire con molta attenzione, comincia domani.
lunedì 19 gennaio 2009
domenica 18 gennaio 2009
sabato 17 gennaio 2009
venerdì 16 gennaio 2009
mercoledì 14 gennaio 2009
RICATTARE L'AMERICA
Oggi sul Foglio Carlo Pelanda segnala un recente studio del N.I.C. secondo il quale
"nel 2025 il sistema internazionale sarà multipolare. L’America resterà superpotenza, ma Cina, India e Russia lo saranno altrettanto. Il potere dell’America si trasformerà da egemone a relativo. Alla minore influenza globale dell’America corrisponderà l’indebolimento del modello di capitalismo democratico a favore di quello autoritario portato da Cina e Russia e da altri emergenti".
Nulla di particolarmente nuovo. Sono tutte cose che in questi anni si sono lette e rilette.
Sappiamo che Pechino si sta "comprando" pezzi di Terzo Mondo giorno dopo giorno. Abbiamo visto cosa hanno combinato i cinesi con il regime sudanese, orfano dei faraonici investimenti di Bin Laden degli anni Novanta, e difeso dalla Cina che ha posto il veto nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, contro le sanzioni sul genocidio in Darfur. Stando ai dati delle Nazioni Unite, l’88% delle armi da fuoco importate in Sudan sono di produzione cinese. Secondo la BBC, sono di fabbricazione cinese anche i bombardieri usati per massacrare i civili in Darfur, e la Cina si fa carico persino di addestrarne i piloti.
Sappiamo anche che c'è Pechino dietro i peggiori dittatori sudamericani: nel 2006 il Venezuela di Chavez ha autorizzato le imprese cinesi a ricercare petrolio sia su terraferma sia off-shore, e nello stesso periodo anche il regime cubano di Fidel Castro ha stipulato un “accordo di cooperazione” con quello cinese per lo sfruttamento del grande giacimento di petrolio che si trova sotto i fondali marini dello stretto della Florida.
Non è nemmeno escluso che nel business planetario che il regime cinese sta portando avanti, gli interessi di Pechino incontrino, prima o poi, quelli di Mosca. Sarebbe il disastro a lungo evitato ai tempi della Guerra Fredda. Anche perché in questa ipotetica “alleanza delle dittature” la Russia si trascinerebbe dietro l’Iran (i cui reattori nucleari, la cui costruzione mette tanto in subbuglio l’Occidente, sono alimentati da combustibile russo).
Non sono pure fantasie. Esiste già un’alleanza militare Russo-Cinese per il controllo del Caucaso (ancora una volta, in ballo c’è il petrolio del Caspio). Si chiama Shanghai Cooperation Organization (SCO), ed oltre a Cina e Russia include le quattro repubbliche di Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan. Nata nel 2001 ufficialmente con funzione di contrasto al terrorismo, di fatto viene impiegata per arginare l’ampliamento ad Est della NATO, e potrebbe divenire l’embrione di un “nuovo Patto di Varsavia”. L’Iran è dichiaratamente in attesa di entrare a far parte del club, e partecipa già ai vertici della SCO con lo status di “osservatore”.
Fra sei giorni Mr. "Yes We Can" entra in carica.
Come si porrà di fronte a questo non trascurabile problemino?
Pelanda, che da anni teorizza e predica una nuova alleanza atlantica per contrastare la minaccia cinese, la mette così:
"Obama ha bisogno che la Cina compri il debito americano per finanziare la ripresa finanziata in deficit, subito. La Cina così ha l’opportunità di ricattare l’America. Infatti mostra l’intento di pompare più crescita interna per ridurre la dipendenza dall’export che impone il finanziamento della crescita statunitense. In realtà tale sostituzione di modello è difficile. Ma Pechino blufferà e chiederà ad Obama concessioni per comprargli debito. Se Obama cadrà nella trappola, la Cina diventerà egemone e sarà la fine del dominio occidentale sul pianeta. La natura molto adattiva e l’assenza di visione propria che caratterizzano Obama, una sorta di doroteo di Chicago, non promette bene. Forse per questo il Nic gli ha sparato uno scenario nello stomaco, per dissuasione. Ma il punto è che l’America non ha soluzioni interne, a parte quella devastante per tutti di far crollare il dolalro. O si appoggia alla Cina o all’Europa. Quindi ,se si vuole evitare il dominio cinese e il caos economico globale, è l’Europa che deve sedurre Obama"Come intenda muoversi il presidente entrante, per ora non è dato saperlo.Possiamo solo esprimere un auspicio: che rispolveri l'idea della "Alleanza fra Democrazie" teorizzata da alcuni sagaci clintoniani negli anni Novanta del secolo scorso, riesumata da alcuni volonterosi bushiani in tempi più recenti, ma di fatto mai realizzata soprattutto per la resistenza di molti importanti governi europei.Durante l'ultima campagna elettorale, il candidato repubblicano John McCain propose di rilanciare l’idea della “Community of Democracies” in una versione molto radicale: creare una vera e propria istituzione a se stante, “esterna” ed autonoma rispetto all’ONU.Ebbene: pochi notarono come quella proposta suonava assai simile ad una avanzata da Ivo Daalder, ex consigliere di Bill Clinton ed attuale consigliere di Barack Obama (per Clinton fu a capo del nationa Security Council e coordinò la politica per la Bosnia, nel team Obama è stato a capo di un gruppo di ben quaranta consulenti che durante la campagna elettorale si occupavano di proliferazione nucleare).Nel 2004 Daalder propose l’istituzione di una “Alleanza delle Democrazie” chiamata a svolgere una ruolo di “punto focale della politica estera americana, analogamente a ciò che la NATO ha rappresentato durante la Guerra Fredda, ma su base non-regionale”; un club non aperto a tutti ma severamente “limitato ai paesi dove la democrazia è così radicata da ritenere impensabili processi regressivi verso forme autocratiche di potere”.E nel 2006 Daalder ha anche riformulato la sua proposta come una "NATO Globale" estesa a tutti i paesi democratici; e su questo argomento è recentemente capitato che scrivesse a quattro mani con Robert Kagan, il quale a sua volta è stato il principale ispiratore (e talvolta anche avvocato difensore) della proposta di McCain.Se si rivelasse vera la voce di corridoio che vuole ora Daalder come prossimo ambasciatore USA presso la NATO, potremmo forse cominciare a nutrire qualche speranza.
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