giovedì 6 ottobre 2011

GAME OVER


Fine del bluff. Come volevasi dimostrare: non era un fuoco, ma solo un gioco. I tentennamenti, i cambi di staff e le finte agende simil-elettorali, le indiscrezioni, il tour con il torpedone truzzo, le velate minacce di lanciare un partito tutto suo, i pronostici farlocchi di Karl Rove (che di mestiere non fa davvero l'opinionista, quindi ovviamente parla con lingua biforcuta): tutta fuffa. Sarah Palin non si candida alle primarie presidenziali repubblicane.
Da ieri sera è ufficiale, anche se chi mi legge (e si fida) lo sapeva da anni. Non si poteva ragionevolmente dubitarne, anche a fronte della sua performance molto modesta alle pur trionfali midterm dello scorso novembre, e, da ultimo, di fronte alla sua reazione palesemente spiazzata di fronte alla discesa in campo di Rick Perry lo scorso agosto (per la serie: se l'avessi saputo, col cactus che ti davo l'endorsement per la rielezione a governatore).
Eppure in tanti nel circo mediatico hanno abboccato, e lei se li è portati al guanzaglio per mesi: il che dimostra che almeno in una cosa è bravissima, cioé a fare il personaggio televisivo. Il che è ciò che ora finalmente tornerà ad essere (persino per interposta fiction, volente o nolente). Così almeno la pianteranno di inserirla a vanvera nei sondaggi (in teoria il principale beneficiario dovrebbe essere Perry, così come il principale beneficiario dell'altro prevedibilissimo opt-out, quello di Chris Christie, dovrebbe essere Romney. Ma chissà).
Da Game Change a Game Over, quidi? Sì e no. Il fatto che non si candidi non significa che non avrà un ruolo nelle primarie: per lei la carriera mediatica e quella politica sono tutt'uno, quindi  a maggior ragione ora la vedremo volteggiare sui candidati cercando di farsi corteggiare mentre ostenta indecisione nella scelta del pistolero giusto sulla cui zucca appendere il cappello. You betcha.

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