lunedì 29 febbraio 2016

HILLARY IS THE NEW BLACK


Cos'è la South Carolina per i Democratici? È uno di quegli Stati tipicamente "sudisti" nei quali sanno di non avere alcuna speranza di battere i Repubblicani.
Ma proprio perché lì, nelle elezioni generali, i Dem sanno di essere minoranza, durante le primarie la South Carolina è vista come un referendum sul loro rapporto con quella che lì rappresenta la maggioranza assoluta di quella minoranza, ossia l’elettorato afroamericano.
Quest’anno il test era particolarmente significativo. Da un lato, infatti, Hillary si porta appresso il punto di forza del tradizionale rapporto privilegiato di suo marito con le comunità afroamericane (ricordiamo che nel 1998 la scrittrice afroamericana Toni Morrison coniò per Bill Clinton la definizione di “Primo Presidente Nero, nonostante la pelle bianca”); dall’altro, però, aveva sulle spalle anche il doloroso ricordo dellabatosta infertale da Obama alle primarie di otto anni fa, quando il giovane senatore dell’Illinois vinse “a valanga” con oltre il 55% dei voti, lasciando la ex First lady con un umiliante 26,5 (il resto andò al terzo incomodo John Edwards). Ovviamente Obama aveva stravinto i voti degli afroamericani anche e soprattutto grazie ad un fattore biografico, il che ha sempre sollevato seri dubbi sulla possibilità di replicare simili risultati dopo la sua uscita di scena.
Prosegue su Strade

mercoledì 24 febbraio 2016

CHE SUCCEDE, AMERICA?

Succede che i caucus del Nevada sono stati stravinti da Trump con il 46%. In un caucus con affluenza altissima, hanno votato “tutti” per lui: anziani e meno anziani, bianchi e latinos (lui, che dice di voler costruire una muraglia cinese sul confine con il Messico e far pagare il conto ai messicani), istruiti e non istruiti, conservatori e non (anzi: quelli che si sono autodefiniti “liberal” l’hanno votato in misura ancora più massicia di quelli che si definiscono conservatori), “evangelici” e mormoni – lui, pro aborto e tre volte divorziato. Il voto per Trump ha prevalso in tutte le categorie dei elettorato (unica eccezione i giovanissimi). Lo hanno scelto l’86% dei votanti che hanno dichiarato di aver votato per il candidato “che dice le cose come stanno” e il 60% di quelli che hanno dichiarato di aver scelto per il “portatore di cambiamento”.
Succede che i vertici del partito a lungo hanno dato per scontato che la “bolla” di Trump si sarebbe sgonfiata da sola, senza bisogno di intervenire. Succede che gli analisti e i commentatori (anche noi da qui, nel nostro piccolissimo) hanno dato per scontato che anche se la bolla non si fosse sgonfiata da sola Trump sarebbe stato comunque fermato dai vertici del partito (che invece, vedi sopra). Succede che la base, “la gente”, dà per scontato che tutto ciò che sta sul menu è per ciò stesso appetibile, e lo votano senza tanti scrupoli. Sono arrabbiati, stufi e disillusi. Votano “con il dito medio” come ha scritto qualcuno. 
Prosegue su Strade

lunedì 22 febbraio 2016

I SOPRAVVISSUTI DELLA SOUTH CAROLINA

L’artista più rappresentativo della musica della South Carolina si chiama Josh Turner. È un cantante country con una voce baritonale incantevole. Musicalmente, il suo repertorio rientra nel filone del cosiddetto neotradizionalismo; quanto alle parole delle sue canzoni, sono intrise di una fede religiosa intensa quanto elementare. Il suo brano di esordio, tutt’ora il più celebre, esorta a rinunciare al peccato finchè si è in tempo, ribellandosi alle tentazioni come se si trattasse di saltare giù da un ideale lungo treno nero, in corsa verso il baratro, guidato dal Diavolo in persona.
Politicamente l’elettorato di quello Stato non è molto diverso: tradizione, religione, attaccamento ai vecchi valori Dio Patria e Famiglia, messaggi semplici e forti. Per questo vincere le primarie presidenziali repubblicane qui – le prime a tenersi nel Profondo Sud – non significa granchè in termini di appeal elettorale generale, ma tutt’al più rappresenta un test rispetto all’ala più conservatrice dell’elettorato del Grand Ole Party, in particolare quella più legata alla cosiddetta “Destra religiosa”. Non è poi tanto raro che chi vince qui non arrivi poi ad aggiudicarsi la candidatura:quattro anni fa, ad esempio, in South Carolina vinse Newt Gingrich, la cui candidatura poi non arrivò da nessuna parte. Ma attenzione: Gingrich non aveva vinto anche in New Hampshire. Dati alla mano, storicamente tutti gli aspiranti che hanno vinto sia qui che in New Hampshire sono poi arrivati ad aggiudicarsi la candidatura repubblicana alla Casa Bianca. Se dovessimo attenerci ai precedenti, quindi...
prosegue su Strade

lunedì 15 febbraio 2016

ADDIO ANTONIN SCALIA, IL DISSENZIENTE INSOSTITUIBILE


“Noi non rivestiamo questa carica per fare la legge, per decidere chi deve vincere. Noi decidiamo solo chi vince applicando la legge che il popolo si è dato. E molto spesso, se sei un buon giudice, ti capita di orientarti verso un risultato che non ti piace per niente”. 
Antonin Scalia, intervista a C-Span, 2009

Antonin Scalia è morto nel sonno sabato, mentre si riposava da una battuta di caccia in Texas (una fine poeticamente perfetta, per un conservatore come lui), e ora nulla è più come prima. La Corte Suprema degli Stati Uniti non ha più il leader della sua “ala destra”, e il mondo politico conservatore americano è orfano del suo più brillante punto di riferimento giuridico. Aggiungiamoci poi che si tratta anche del più influente italoamericano dell’America contemporanea. Veder parlare un giudice della Corte Suprema è sempre uno spettacolo, scriveva nel 2005 Margaret Talbot sul New Yorker, ma “è da Scalia che ci si può aspettare l’equivalente giurisprudenziale dello sfasciare una chitarra sul palco”.
Una superstar, insomma. Ma attenzione: Scalia non è stato solo un oratore e un polemista dotato di raro carisma e di irresistibile humour. È stato anche un intellettuale straordinariamente onesto e coerente. Spesso i conservatori vengono accusati di facile opportunismo rispetto alla presunta difesa del dettato letterale della Costituzione, contro arbitrarie interpretazioni “creative” che vorrebbero aggiornarla alla attualità. Non di rado l’accusa è fondata; ma nel caso di Scalia, non è stato così. Anzi. Lui giocava in un altro campionato.
Esiste una serie di sue decisioni (58 dei ben 342 casi nei quali il suo voto è stato determinante, stando al database della Corte Suprema) i cui effetti concreti, politicamente, sarebbero etichettati “di sinistra”, ma che lui non ha esitato ad adottare nel rispetto della sua visione giuridica. Per molti anni i suoi assistenti se li è scelti di sinistra, per poter lavorare confrontandosi sempre con visioni opposte alla sua. E anche tra i suoi allievi ci sono degli insospettabili....
prosegue su Strade

mercoledì 10 febbraio 2016

PAURA E DELIRIO IN NEW HAMPSHIRE

Quando, ormai più di due anni fa, si fece chiara l’intenzione di Hillary Clinton di ritentare la candidatura alla Casa Bianca, gran parte dei media mondiali ricadde nel consueto errore di accogliere gioiosamente come più o meno scontata la lieta novella del “primo presidente donna” (e di lì a poco anche primo presidente nonna).
A voler vedere le cose con un minimo di obiettività, il successo di questo secondo tentativo era tutto fuorchè scontato. L’America stava e sta vivendo una profonda crisi di rigetto nei confronti della “vecchia politica”, e Hillary è una perfetta esponente proprio di quel mondo: con tutto l’apparato di scheletro nell’armadio, di compromessi cinici e spesso poco nobili, di menzogne sotto giuramento. La perplessità che non potei non esprimere all’epoca non sta trovando che conferme.
Il voto della settimana scorsa in Iowa – dove non si tengono elezioni primarie, macaucus che somigliano più ai nostri congressi di partito – con quel sostanziale, umiliante pareggio al 49 virgola-qualcosa per cento tra la ex First Lady ed ex Madame Secretary ed il vecchio senatore socialista del Vermont Bernie Sanders, già non suonava affatto bene. Ma il voto di ieri alle prime vere primarie, quelle del New Hampshire, suona decisamente peggio. 
Prosegue su Strade