mercoledì 18 settembre 2013

MAN IN THE MIRROR

“Se la vita fosse un film, Barack Obama guarderebbe nello specchio e ci vedrebbe George W. Bush. Darebbe una strofinata allo specchio, ma Bush sarebbe ancora lì, che lo guarda con quel suo sorrisetto irritante. Obama – mica scemo – ben presto capirebbe: eccolo lì, proprio come il predecessore che tanto egli aveva (giustamente) disprezzato, ad arrancare metaforicamente attraverso il deserto d’Arabia alla ricerca di armi di distruzione di massa. Solo la storia può decidere se si tratta di un film comico o tragico”.
Il Washington Post, per quanto possa trovarsi in crisi e checché ne sarà ora che è stato comprato da Jeff Bezos, è sempre il Washington Post. E del Post Richard Cohen è decisamente una firma storica: ci lavora da prima del Watergate, e ne è editorialista da quasi trent’anni. Come quasi tutte le firme del quotidiano della capitale, Cohen è un elettore democratico. Ha votato per Barack Obama sin dalle primarie del 2008. Non è mai stato un acritico supporter del presidente, intendiamoci; ma le sue critiche non si erano mai spinte ad una veemenza come quella della quale è imbevuto il corsivo uscito ieri, feroce e impietoso nel tono e nei contenuti sin dal titolo a dir poco sarcastico (“Obama è Bush 2.0, ma non è una versione più avanzata”).
In principio quello di accusare Obama di essere tale e quale al suo predecessore fu un vezzo di nicchia, una provocazione buona per una copertina ad effetto del periodico britannico di sinistra “The New Statesman”Con il tempo questa tesi è invece divenuta sempre più mainstream (in Italia ne ha tenuto una meticolosa contabilità Christian Rocca con la sua rubrica “That’s Right” ), ma negli ultimi tempi i suoi ormai numerosi sostenitori hanno aumentato il calibro in modo tutto sommato sorprendente. Questo editoriale di ieri è un perfetto esempio: Obama, sostiene Cohen, è antitetico a Bush per mentalità e personalità, ma nei fatti finisce per risultare anche lui drammaticamente sprovvisto di un piano per esercitare le leadership americana nel mondo in modo efficace. Anche lui “ha perso il controllo della sua politica estera (ammesso che ne abbia mai avuta una)”, e questo anche nel suo caso sta costando la vita a migliaia di persone. Nel suo famigerato editoriale uscito l’11 settembre sul New York Times, Vladimir Putin ha sfottuto Obama ammonendolo dal “fare come Bush” nel senso di praticare un incauto interventismo. La critica di Cohen sul Post è concettualmente antitetica ma non meno tagliente: “Il poliziotto si è rivelato un imbranato. E’ un illitterato in politica estera. Banditi e assassini hanno preso le sue misure: è risultato più piccolo di quanto era inizialmente apparso”.


Siamo solo all’inizio del secondo quadriennio di presidenza Obama: se questa è l'aria che tira, saranno anni interminabili. E manca poco più di un anno alle elezioni di mezzo termine: se questa è l'aria che tira, potrebbe essere un anno molto breve.

Nessun commento:

Posta un commento