martedì 12 febbraio 2013

E ORA, UN "PAPABILE" A STELLE E STRISCE?


Il Conclave che a breve si aprirà per scegliere il successore di Benedetto XVI sarà il primo al quale prenderà parte, eppure secondo alcuni potrebbe prendervi parte da “papabile”. Il nome di Timothy Dolan, dal 2009 arcivescovo dell’arcidiocesi di New York nonché dal 2010 presidente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti (quindi, in altre parole, il “capo” dei vescovi statunitensi – ma questo mandato scade a breve), in queste ore ricorre tra quelli che i media danno tra i più favoriti come prossimo Papa.

Un papa americano? Possibile?
E’ molto accreditata l’ipotesi che il prossimo Papa non sarà europeo; ma solitamente la si intende nel senso che egli provenga da un Paese del Terzo Mondo, dall’Africa come il ghanese Appiah Turkson, o dall’America Latina come l’argentino Leonardo Sandri. Quella di un Papa a stelle e strisce, invece, suona come un’ipotesi eccentrica; eppure. “Ai tempi della Guerra Fredda” scrive il New York Times “sarebbe stato improbabile, ma oggi per la prima volta circola la voce che un americano, il Cardinale Timothy M. Dolan di New York, potrebbe essere in lizza come prossimo papa. Il suo profondo conservatorismo combinato con un carisma da uomo del popolo lo rendono popolare presso la comunità dei fedeli, in un’epoca nella quale la Chiesa è concentrata nella lotta per la “nuova evangelizzazione”.

D'altronde anche la sua elezione a capo della Conferenza Episcopale americana avvenne a sorpresa e fu letta da molti come conferma della sua capacità di imporsi come leader al di là dei pronostici più banali.
 Lui si schernisce: “preferirei rimanere arcivescovo di New York” ha detto ieri in una conferenza stampa, ed ha aggiunto che la sua nomina sarebbe “altamente improbabile”: “Sto ancora scrivendo i biglietti di ringraziamento per gli auguri per la nomina a cardinale” ha aggiunto scherzando, con lo humour per il quale è noto. I bookmaker per ora gli danno ragione (ci sono almeno una decina di cardinali che vengono dati per più “papabili” di lui), ma è presto per sbilanciarsi.

Corporatura imponente (Sua Immensità, pare che i sacerdoti lo chiamino a volte scherzando), origini irlandesi rese evidenti anche dall’indole gioviale e dall’incarnato rubizzo, Dolan è nato e cresciuto a St. Louis, in Missouri. Negli anni Novanta visse a Roma, dove fu rettore del Pontificio Collegio Americano; dopodiché venne ordinato arcivescovo di Milwaukee, in Wisconsin, dove Giovanni Paolo II lo mandò a porre rimedio agli scandali lasciati dal predecessore Rembert Weakland dimessosi dopo aver ammesso “relazioni inappropriate” con un uomo: nel 2004 fu uno dei pochi vescovi a pubblicare i nomi dei sacerdoti della sua diocesi accusati di pedofilia, anche se i suoi detrattori lo accusarono di essersi limitato a quelle prese di posizione mediatiche senza andare fino in fondo nel perseguire quelle malefatte. Infine nel 2009 approdò a New York (che è la arcidiocesi più prestigiosa degli Stati Uniti, e la più grande dopo quella di Los Angeles) su nomina di Benedetto XVI, che poi lo ha elevato Cardinale giusto un anno fa.

Dolan, come ricordato dal New York Times, si pone in perfetta sintonia con "B16" come è solito chiamarlo lui affettuosamente, nel collocarsi con convinzione tra coloro che nella Chiesa affermano la priorità, tipicamente ratzingeriana,della “nuova evangelizzazione”, ossia di una rievangelizzazione dell’ “Occidente secolarizzato”; ciò che forse lo differenzia maggiormente da colui al quale secondo alcuni potrebbe essere chiamato a succedere è invece la propensione a “sporcarsi le mani” con la politica senza tante ritrosie. Negli ultimi anni è stato protagonista dichiarato della battaglia contro la riforma sanitaria di Obama in quanto lesiva della libertà religiosa, nella parte in cui obbliga i datori di lavoro a includere nelle polizze sanitarie che essi devono obbligatoriamente pagare ai loro dipendenti anche la copertura assicurativa di contraccezione, sterilizzazione e aborto. Battaglia persa, sul piano prettamente politico; ma nel condurla, ha notato Jon Meacham l’anno scorso nel tracciare il suo ritratto tra le “100 persone più influenti del mondo” secondo TIME, egli ha comunque ottenuto un risultato enorme, ossia quello di “ricollocare se stesso e la sua Chiesa al centro del discorso politico nazionale, una piazza a lungo dominata dagli evangelici protestanti”.
La sua vicinanza al Partito Repubblicano parve sin troppo evidente quando alla fine di agosto egli portò la sua benedizione all’apertura della Convention Nazionale del Grand Old Party che a Tampa consacrava la candidatura presidenziale di Mitt Romney.

Ma ben presto la polemica rientrò allorché la sua benedizione venne inserita in extremis anche tra i rituali di apertura della Convention Democratica di Charlotte (benedizione nella quale peraltro egli approfittò sfacciatamente per lanciare severe allusioni antiabortiste e contro i matrimoni omosessuali - altra questione che lo ha visto contrapposto ad un leader Democratico, in questo caso il governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo, cattolico ma divorziato, pro-choice e gay-friendly).
Infine, da segnalare il fatto che Dolan si è distinto in questi anni per un non comune talento comunicativo, imponendosi come vero e proprio “frontman” sulla ribalta mediatica (in tutti i modi: è attivo su Twitter ed ha anche un blog). In questo, se mai dovesse divenire Papa, somiglierebbe probabilmente più a Giovanni Paolo II che a Benedetto XVI. C’è poi una seconda affinità in questo senso: egli è uomo vigoroso e relativamente giovane (sessantadue anni), e quindi il suo avrebbe buone chance di essere un papato lungo, come quello di Giovanni Paolo II che divenne Papa a cinquantotto anni e lo rimase per ventisette.

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