giovedì 15 novembre 2012

L'ULTIMA BATTAGLIA DI MAVERICK

Contrariamente alle speculazioni della prima ora, che lo davano come più probabile successore ad Hillary Clinton a capo del Dipartimento di Stato, il senatore del Massachusetts John Kerry è invece candidato a succedere a Leon Panetta nel guidare il Dipartimento della Difesa; il nome che Obama vuole per il dopo-Hillary è invece quello dell’attuale ambasciatrice americana all’Onu Susan Rice, e su questo nome si sta scatenando il primo vero scontro post-elettorale tra il presidente e l’opposizione repubblicana.

Il Senatore dell’Arizona John McCain, che da decenni è una delle colonne del Partito Repubblicano nella commissione Difesa del Senato (assieme allo stesso John Kerry, con il quale ha invece buoni rapporti), e che nel 2008 fu sconfitto da Obama nell’elezione alla Casa Bianca, ieri ha lanciato una vera e propria campagna per boicottare questa nomina senza nemmeno attenderne la formalizzazione, presto seguito dal senatore Lindsey Graham del South Carolina e da altri.
Quello che McCain ed altri contestano come indice di inadeguatezza della Rice è il ruolo che essa ebbe nelle polemiche seguite alla strage all’ambasciata americana di Bengasi lo scorso Undici Settembre. Rice era stata infatti la principale sostenitrice della tesi, poi ritenuta errata dai più, secondo la quale quella tragedia sarebbe scaturita da una sommossa “spontanea” motivata da un video blasfemo contro Maometto, e non da un attacco premeditato di terroristi islamisti. Rice si è sempre giustificata sostenendo che al momento quella era l’indicazione che le davano le informative dell’intelligence, ma McCain e Graham sostengono di non crederle – cioè le danno pubblicamente della bugiarda.
“Farò tutto ciò che in mio potere per tentare di impedire questa nomina”, ha minacciato ieri McCain in una apposita conferenza stampa; poco prima, intervistato su Fox News, ha agitato esplicitamente lo spauracchio dell’ostruzionismo. In realtà la conferma della nomina da parte del Senato richiede il voto di 60 senatori su 100: i Democratici nel nuovo Senato sono in 55, quindi basta che cinque senatori repubblicani non seguano McCain nella sua nuova battaglia per decretarne il fallimento. La voce di McCain èm molto autorevole ma è pur sempre quella di un Maverick, uno che si è sempre mosso come un cane sciolto più che come un disciplinato leader parlamentare; attualmente nessuno è disposto a scommettere che il gruppo repubblicano al senato sia disposto a seguirlo compattamente. 

Ieri nella sua prima conferenza stampa dopo la rielezione il presidente Obama, che pure ha ostentato sangue molto freddo sia sulla questione del precipizio fiscale che sullo scandalo che vede coinvolti l’ex generale David Petraeus ed il generale John Allen, ha invece polemizzato con sorprendente accaloramento su questa questione, accusando i repubblicani di comportarsi come se fossero ancora in campagna elettorale: “Se la prendono con lei perché la considerano un bersaglio facile, ma è con me che hanno problemi. Tentare di infangare la sua reputazione è vergognoso, se vogliono prendersela con qualcuno se la prendano con me”.

Donna, come con una singolare continuità sono state tutte le persone a capo degli Esteri nel governo degli Stati Uniti negli ultimi vent’anni, e come Obama afroamericana ma di estrazione sociale agiata (suo padre lavorò al vertice della Federal Reserve, la madre è una ricercatrice della Brookings Institutions) e di famiglia parzialmente multietnica (ha sposato un giornalista e produttore televisivo di origini canadesi), Rice aveva lavorato per il Dipartimento di Stato all’epoca della presidenza Clinton, tra il 1993 e il 1997, su indicazione dell’allora Segretario di Stato Madeleine Albright che è per lei una sorta di mentore; al fianco di Obama sin da prima della sua candidatura alla Casa Bianca, nel 2008 bcontribuì non poco ad elaborarne il programma di politica estera anche in contrapposizione con il curriculum di Hillary Clinton che in origine era l’avversaria nelle primarie (un punto di distinzione su tutti: la contrarietà dalla prima ora alla guerra in Iraq). Nel dicembre del 2008, appena eletto e non ancora insediato alla Casa Bianca, Obama la nominò ambasciatrice Usa presso le Nazioni Unite, ed in questa veste ha giocato un ruolo di primo piano in molte delle vicende di politica estera di questi quattro anni, in primis la guerra in Libia della quale è stata una fautrice.

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