sabato 1 settembre 2012

LA SEDIA DI CLINT


È la seconda volta che il vecchio Clint si rende protagonista di questo anno elettorale. La prima sembrò quasi una fatalità, se non un equivoco: fu quando a febbraio Eastwood diede volto e voce allo spot della Chrysler nell'intervallo del SuperBowl, in cui incitava l'America a darsi da fare per uscire dalla crisi ("siamo solo a metà partita, ora viene il secondo tempo"). Piacque a molti, quello spot: il suo spirito orgogliosamente anti-declinista, intriso di ottimismo tipicamente e profondamente americano, colpì nel segno. Non piacque però a molti opinionisti ed addetti ai lavori repubblicani, che trovarono disdicevole l'ambigua nobilitazione del rilancio dell'industria automobilistica di Detroit basato sui sussidi elargiti dall'amministrazione Obama: era solo pubblicità per una marca di automobili, o anche propaganda subliminale per l'imminente campagna elettorale del presidente, un singolare caso di product placement al contrario?
Giovedì sera a Tampa, subito prima che Marco Rubio introducesse l'acceptance speech di Mitt Romney, è successo di nuovo. Alle dieci di sera, proprio quando i grandi network televisivi cominciavano a mandare in onda le immagini della convention, sotto il riflettore preparato per un misterioso "oratore a sorpresa" la cui identità era stata gelosamente custodita (ma a noi un dubbio era venuto...), il canuto attore e regista ha fatto il suo ingresso sul palco della convention nazionale repubblicana, e si è prodotto in un inatteso show che ha destato ancora più clamore del il fatto in sè del suo intervento pro-Romney. Anzichè un normale comizio, un sorprendente monologo con una sedia vuota sulla quale si intendeva seduto un Obama immaginario al quale l'arzillo ottantaduenne ha rinfacciato con tono a dir poco irriverente le promesse non mantenute, per poi ricordare, con buona dose di scaltro populismo, che "questo paese è nostro: i politici sono nostri dipendenti, e se uno di loro non fa bene il suo lavoro, lo abbandoniamo al suo destino".

Quella di quest'anno è la campagna elettorale di Twitter: una trovata del genere non poteva non deflagrare. Il Team Obama ha ritenuto di intervenire in tempo reale pubblicando su più di un social network un contro-sfottò ("questa sedia è già occupata": ad oggi qualcosa come 48mila "Retweet"), e nelle stesse ora qualcuno ha creato un profilo Twitter "Obama invisibile" le cui goliardate sono seguite già da oltre 62mila follower. 
L'happening è stato di grande effetto, insomma; ma la consolazione per i sostenitori di Obama è che forse lo è stato persino un po' troppo. Ieri alcuni retroscenisti hanno rivelato che la gag non era concordata, è stata improvvisata senza provarla e ha colto di sorpresa anche il Team Romney. Ieri il New York Times raccontava con tono compiaciuto di una gara a prendere le distanze tra gli imbarazzati organizzatori della convention; e laReuters parlava di "mesi di accurata pianificazione improvvisamente dirottati in un turbine di perplessità e parodie". 
Il fatto è che - come si si sapeva sin da principio e si è ripetutamente riscontrato durante le primarie - Romney è un candidato a corto di carisma, poco convincente e poco appassionante; ogni volta che gli si affianca qualcuno di più interessante, che si tratti di un ospite della convention o di un brillante candidato vicepresidente - anzichè acquisire colore risulta oscurato. In questa contesa che i sondaggi rimane un testa a testa in cui tutto puo' succedere, ce la puo' fare solo se prevale lo spirito del "referendum contro Obama". Intanto, per oggi il ricordo più vivido della serata conclusiva di quella che avrebbe dovuto essere la "sua" convention, è lo show del vecchio Clint. Il quale pure, di fronte all'ovazione che l'ha accolto, uno scrupolo caritatevole l'aveva avuto: "Risparmiate un po' di applausi per Mitt"...

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