venerdì 2 marzo 2012

ANDREW BREITBART, 1969 - 2012

In queste ore il mondo conservatore americano è in lutto per la prematura scomparsa di Andrew Breitbart un personaggio che in Italia quasi nessuno conosce (non troverete traccia di lui nemmeno nell'edizione italiana di Wikipedia) ma che oltreoceano era divenuto da anni un protagonista assoluto. Breitbart è stato infatti il guru della destra americana per quanto riguarda il movimentismo politico attraverso internet: prima i blog, poi i social network, tutto ciò insomma che la rete ha messo a disposizione negli ultimi quindici anni ma il cui potenziale non tutti hanno saputo cogliere al volo come ha fatto lui.
Polemista aggressivo e trasgressivo, politicamente scorretto ed ostentatamente non-diplomatico, fustigatore di quella che noi definiremmo la sinistra radical-chic e dell'establishment democratico "hollywoodiano", Breitbart nei contenuti non si distingueva granché da vari altri protagonisti del mondo mediatico conservatore - Rush Limbaugh alla radio, Ann Coulter Glenn Beck in televisione; ma la tecnica da lui utilizzata per diffondere le sue polemiche e i suoi scoop fa di lui un pioniere ed un personaggio di primissimo piano, come testimonia la valanga di tributi e ritratti riversatasi in queste ore su tutti i media americani, vecchi e nuovi (qui il ricordo sul sito di TIME,qui quello su The Politico).
Una delle grandi intuizioni di Breitbart è stata quella del "news aggregator", cioé del sito internet che, anziché limitarsi a proporre contenuti originali esattamente come un tradizionale giornale o periodico, funge anche da "portale" che raccoglie, seleziona a rende visibili i contenuti di una "galassia" di altri siti meno noti o di per sè meno interessanti. Egli infatti negli anni Novanta del secolo scorso contribuì a creare il celeberrimo sito "Drudge Report" (il cui format qui da noi è stato poi ripreso da Dagospia), ed ha poi collaborato anche al lancio dell'altrettanto celebre Huffington Post (prossimo a "sbarcare" anche in Italia), il che sorprende perché quest'ultimo è un sito politicamente orientato a sinistra.
A lui si deve, fra l'altro, lo scoop che nel giugno dell'anno scorso ha costretto alle dimissioni il deputato newyorkese Antony Weiner, pizzicato a pubblicare online proprie foto osé e screditato al punto da costringerlo a mollare non solo il seggio alla Camera ma anche le ambizioni di divenire il nuovo sindaco della Grande Mela. 
Bretibart era quello che si dice un personaggio "divisivo", uno che si poteva solo amare o odiare, senza vie di mezzo: chi la pensava come lui considerava un leader eroico, chi non la pensava come lui lo detestava visceralmente. Eppure dietro la sua irruenza ideologica c'era un calcolo molto lucido. Basta rileggersi questo passaggio tratto da un suo lungo ritratto che il New Yorker pubblicò nel 2010:
"Breitbart si considera un guerriero culturale per caso. "Io non sono poi così fazioso come la gente crede", mi disse, definendosi per l'ottantacinque per cento libertario e per il quindici per cento conservatore. Il suo conservatorismo si attenua su temi come la legalizzazione della prostituzione, e a volte cede a favore, ad esempio, del matrimonio gay. "Ma il fatto è che siccome tutto il mondo dei media è strutturato in modo da attaccare i conservatori e i repubblicani, c'è un modello di business enorme per chi volgia entrare in gioco proponedosi come contrappeso", mi ha spiegato.
Breitbart aveva appena 42 anni. Lascia moglie e quattro figli. Toccante il ricordo che di getto ha scritto Josh Marshall, direttore del sito concorrente Talking Points Memo: "Sotto tutti gli strati della nostra vita pubblica, tutti noi siamo figli e figlie, e genitori di figli e figlie: persone nude di fronte ai più vulnerabili, veri momenti della nostra esistenza. Morire così significa morire troppo, troppo giovani".

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