martedì 10 gennaio 2012

GOOD MORNING, NEW HAMPSHIRE



Oggi su America24:

Si parte, America.
A meno 302 giorni alla cinquantasettesima elezione presidenziale, è l’alba del giorno d’inizio delle vere e proprie primarie per la selezione dello sfidante repubblicano. Lasciamo perdere il voto in Iowa di una settimana fa: quelli erano dei caucus, una votazione molto diversa nella forma e nella sostanza. Le primarie, quelle vere, cominciano oggi in New Hampshire, il piccolo stato del New England incastrato tra il Maine e il Vermont che inaugura, come da tradizione, la lunga serie di votazioni destinata a protrarsi per mesi, dalla quale uscirà il nome del candidato che si confronterà con Barack Obama il prossimo 6 novembre.
In New Hampshire questa di essere i “primi a votare” è una sorta di antica fissazione: nel 1776 fu la prima delle tredici colonie a dichiarare l’indipendenza dalla madrepatria britannica, ed ancora oggi, oltre ad essere lo Stato “First In The Nation” per le primarie, è anche il primo ad aprire le urne per le elezioni generali - in particolare in un insignificante paesucolo di meno di cento anime di nome Dixville Notch, nel quale da mezzo secolo si vota già alla mezzanotte in cui scocca l’inizio dell’Election Day, e che per questo motivo ogni quattro anni diviene inesorabilmente oggetto, per un giorno, dell’attenzione dei media di tutto il mondo.

Le primarie del New Hampshire sono tra le poche ad essere aperte anche a chi non è registrato come elettore del partito che le tiene, e vedono quindi protagonisti gli elettori “indipendenti”, cioè quelli privi di affiliazione ad un determinato partito, di questi tempi sempre più numerosi.
Questo rende particolarmente significativa la votazione del Granite State, perché tende a premiare i candidati che sanno ottenere consensi al di là dello “zoccolo duro” dei militanti del proprio partito. Al contempo è discutibile la rappresentatività dell’elettorato di questo piccolo Stato: ad esempio, in un’America sempre più multietnica la popolazione del New Hampshire - stando all’ultimo censimento – è “bianca” al 93,9% (mentre quella complessiva degli USA lo è al 63,7%). Gli ispanici, che a livello nazionale sono il 16,3%, lì sono appena il 2,8; gli afroamericani, che rappresentano il 12,6% della popolazione nazionale, lì sono l’1,1%.
Gli ultimi sondaggi danno ampiamente vincente Mitt Romney, con circa il 40%, mentre tutti gli altri sarebbero sotto il 20; ma oggi per l’ex governatore del vicino Massachusetts vincere non è abbastanza: le primarie del New Hampshire ha un disperato bisogno di stravincerle in modo trionfale, per trarne lo “slancio” necessario a chiudere la partita nelle votazioni immediatamente successive – a cominciare dal “sudista” South Carolina che, avendo inclinazioni molto più conservatrici del New Hampshire, spesso ne ha ribaltato il risultato.
Riflettori puntati anche sull’ex ambasciatore a Pechino Jon Huntsman, il più centrista di tutti i contendenti in lizza, che a livello generale è da sempre il fanalino di coda con uno o due miseri punti percentuali ma che qui nel Granite State si stima possa piazzarsi almeno al terzo posto, e nelle ultime ore viene dato in ascesa verso il secondo. Huntsman potrebbe fare un exploit non banale e portare a casa (cioè sottrarre a Romney) ben oltre il 10% dei consensi. In caso contrario, è probabile che la sua corsa finisca stanotte.

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