"Io c'ero in quello stadio, alla convention del partito democratico, quando Obama fece il suo discorso di accettazione della candidatura lo scorso agosto. Fu affascinante, commovente, versai anche una lacrimuccia. Ma, stranamente, non riesco a ricordarmi una sola parola di ciò che disse. E lo stesso vale per il comizio che fece a Berlino sempre la scorsa estate: centinaia di migliaia di persone accorsero e lo acclamarono... ma ben pochi sono in grado di ricordare una sola frase del suo discorso. [...] Quando a parlare è Barack Obama, il messaggio è lui stesso. Piace non per quello che dice, ma per quello che è.
[...] Il nuovo presidente è egli stesso ben consapevole del fatto che il suo essere vago ed elusivo non fa che aumentare la sua forza politica. Nella prefazione del suo libro "The Audacity of Hope", scrive che: “io funziono come uno schermo bianco, sul quale una moltitudine di persone delle più disparate appartenenze politiche proietta la propria visione” [...]
Ma una volta insediatosi alla Casa Bianca, la musica cambierà. Governare significa prendere decisioni. da presidente, Obama verrà finalmente giudicato non per quello che è o per quello che dice, ma per quello che fa".
In questo suo eccellente corsivo di ieri, il caporedattore per gli esteri del FT (non sospettabile di simpatie per i repubblicani) non fa che sviluppare un ragionamento abbozzato per la prima volta più di quattro mesi fa dal mitico Christofer Hitchens (che pure ad Obama poi diede, pur con serie riserve e dopo lunghe e tormentate esitazioni, il suo endorsement):
Siate onesti: quante frasi sapreste citare dal suo discorso di accettazione alla convention di Denver? Ah ecco, lo sapevo: manco una. Va bene, allora mi sapreste fare almeno una citazione dal suo acclamato discorso all'evento elettorale di Berlino? Me lo immaginavo. OK, aiutatemi voi a farla finita: di certo siete in grado di menzionare una frase o due dal suo imprescindibile "discorso sulla razza" di Filadelfia (che alcuni intellettuali di sinistra hanno paragonato nientemeno che al discorso di Gettysburg)? No, non la frase sulla sua nonna bianca. Oh, povero me. Capite ora cosa intendo dimostrare?
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Giuliano da Empoli (altro commentatore tutt'altro che ostile al nuovo presidente), nel suo imperdibile "Obama - la politica nell'era di Facebook", ha definito ha definito Obama “il primo leader nato su Facebook”, nelò senso che “è un uomo di 45 anni che ha già scritto più di 800 pagine di autobiografia. Invece di un programma, presenta all’elettorato una storia: la sua.” [...] "in questo è perfettamente in sintonia con una generazione di narcisisti che si raccontano su internet, filmano con i cellulari ogni loro gesto, partecipano ai reality show e hanno per massima aspirazione quella di apparire in televisione. La Me-Generation ha trovato il suo portabandiera”.
E in effetti, la "Me-generation" ha il vizio dell'esibizionismo ma non quello, assai più faticoso, della memoria: ragion per cui l'oratoria di Obama funziona benissimo anche se (o forse proprio perchè) non lascia tracce nei ricordi del suo commosso pubblico.
Un po' come Facebook, appunto: il sito-vetrina dell'emozione effimera, dove tutti siamo in scena per poche ore ma poi a distanza di pochi giorni ogni nostro scritto scivola inesorabilmente via senza poter essere ripescato in un archivio.
Ma quando si arriva nella stanza dei bottoni, col Blackberry o senza, la musica cambia.
E quindi: la cerimonia di oggi è l'ultima facebookata di Obama, possiamo fare anche a meno di guardarla.
Lo spettacolo vero, da seguire con molta attenzione, comincia domani.
dal punto di vista strettamente politico, sono d'accordo. Obama dovrà essere - come tutti - giudicato alla prova dei fatti.
RispondiEliminaMa quello di oggi è un evento storico, senza dubbio, e maniaci come siamo della storia americana, dobbiamo esserne testimoni.
Ti ricordi quando molti dicevano che gli USA non avrebbero mai avuto un presidente afroamericano? Ecco, quel giorno è arrivato. Ed è oggi.
Il fatto è che in questa occasione l'entusiasmo è stato talmente dirompente che l'evento cui tu alludi si è già in buona parte "consumato" la notte del 4 novembre scorso (tra l'altro, quella stessa notte lo sconfitto ha immediatamente celebrato, con parole memorabili, proprio questo aspetto dell'evento). Ha ragione Christian Rocca quando scrive (due giorni fa, mi pare) che "sembra incredibile" che Obama non sia - non fosse fino a un'ora fa - anc'ora formalmente presidente, perchè l'opinione pubblica e i media già da più di un mese ragionavano come se si fosse insediato da tempo. Complice, credo, il fatto che il presidente uscente gode di scarsissima considerazione, il passaggio formale delle consegne in quest'occasione ha un valore emotivo e simbolico molto ridimensionato...
RispondiEliminaAle, il fatto che il passaggio delle consegne tra Bush e Obama sia avvenuto in maniera pacifica e festosa è una delle dimostrazioni più alte delle virtù della democrazia americana.
RispondiEliminaSul valore simbolico ed emotivo, poi, le immagini ed i resoconti parlano da soli.
Anche McCain l'ha capito, partecipando alla vigilia dell'insediamento.