giovedì 10 novembre 2011

"OOPS": IL SUICIDIO DI RICK PERRY?


"Dunque: per circa 74 minuti, Rick Perry ha dato la sua prestazione migliore in un dibattito da quando ha annunciato la sua candidatura presidenziale il 13 agosto. La sua grammatica non era sempre perfetta, non aveva messo a segno tutti i suoi punti, ma era energico, dinamico e appariva ben saldo in sella. Ha sbandierato con maestria il successo delle sue politiche in Texas e ha spiegato meglio di quanto non avesse mai fatto prima come quei successi si applicherebbero a quello che sarebbe il suo operato come Presidente.
Poi è giunto il momento in cui praticamente ogni spettatore deve aver concluso che egli ha posto termine ad ogni ragionevole chance di essere un candidato credibile: quando non è riuscito a ricordare il terzo dei tre ministeri dei quali il suo programma elettorale prevede l'eliminazione. I miei colleghi più giovani qui al Washington Examiner hanno twittato che questo era il momento peggiore in un dibattito presidenziale che avessero mai visto. Beh, io i dibattiti presidenziali li ho visti tutti, fin dal primo dibattito Kennedy-Nixon nel 1960: e quello di ieri è stato di gran lunga il momento peggiore in un dibattito che io abbia mai visto".

Le parole di un analista autorevole come Michael Barone, solitamente cauto nei giudizi, basterebbero da sole a definire l'esito del dibattito di ieri sera in Michigan.
Ma per la eventualità che si tratti di un suo guizzo di malumore, vale la pena di scorrere i giudizi dei suoi colleghi.

Mark McKinnon, illustre spin doctor texano già al fianco di George W. Bush e di John McCain:
"Rick Perry è ora ufficialmente il Charlie Brown dei candidati presidenziali. Mi ricorda quel ripetente che c'era in classe con me al liceo. Anche se era lì da molto più tempo di tutti gli altri (come uno che è governatore da 10 anni), ancora non sa le risposte da dare.
Una cosa è avere una defianche sul proghramma economico in cinquentasei punti di Mitt Romney. O anche su un piano economico in dieci punti. Ma quando stai parlando din un programma in tre punti e non riesci ad andare oltre il secondo, sei finito. Squalificato.
Perry ormai è un morto che cammina. Proseguirà nelle primarie solo per salvare la faccia, ma non risucirà a guadagnare neanche un voto. Anzi, perderà rapidamente anche quelli che aveva. Quando ridono di te, sei finito. I sostenitori di Perry ieri sono corsi a nascondersi nel buio e a staccare i manifesti".

Roger Simon, commentatore di punta di The Politico:
"I texani se ne intendono di marchi. Hanno dimestichezza con quelli a fuoco per il bestiame. E dopo il dibattito di ieri sera, in cui Perry non è stato in grado di ricordarsi la terza di tre cose che aveva da dire - vabbé, due su tre se le è ricordate, dategli un po' di tregua! - si è marchiato per sempre come il “Candidato Oops”, perché “oops” è tutto ciò che è riuscito a rispondere dopo aver frugato inutilmente nel suo cervello alla vana ricerca di una risposta per svariati secondi di agonia in diretta TV".

Qualunque altro commentatore si consulti, il giudizio è unanime: sentenza di morte, per suicidio.
Eccolo qui il magic moment, giudicate voi stessi:


Se non si fosse trattato di un dibattito particolarmente cruciale, se non fosse stata l'occasione d'oro per giocare l'asso del "Miracolo Texano" (un confronto ufficialmente tutto incentrato sulla crisi economica e sulla disoccupazione - non a caso si dibatteva in Michigan, poco lontano da Detroit), se dopo le deludenti performance nella prima tornata di dibattiti Perry non fosse scivolato stabilmente al quarto posto nei sondaggi, se quella di ieri sera non fosse stata l'occasione d'oro per riprendersi i consensi spostatisi su quello della pizza dopo che quest'ultimo è stato inchiodato da ben quattro accuse di molestie sessuali, e soprattutto se oramai non mancassero appena due mesi alle prime votazioni (in primis i caucus dell'Iowa, il primo test di tenuta "a destra" nelle primarie repubblicane): in mancanza di tutte queste circostanze, quella di ieri sera sarebbe stata solo una brutta gaffe.
Siccome invece le circostanze erano esattamente quelle, è più che comprensibile che tutti ne traggano le più drastiche conseguenze: nulla sarà più come prima.

Se fosse vero, si andrebbe veramente a parare sulla candidatura di Romney - uno per non beccarsi il quale la maggioranza degli elettori era sino ad ora disposta a votare persino quello della pizza.
Condivido quindi solo in minor parte le motivazioni per le quali Lexington definisce quello di ieri "L' OOPS che cambiò la storia del mondo"-  anche se di per sè la definizione, bisogna dargliene atto, è splendida e molto azzeccata.

Comunque, pare che dopo il dibattito Perry si sia presentato in sala stampa (contrariamente alle proprie abitudini), ed abbia regalato ai cronisti questa pennellata di autoironia cowboy: "Meno male che calzavo i miei stivali, perché sono sicuro di averne pestata una".
Su questo non c'è dubbio.
Al contempo, Aaron Blake del Washington Post riferisce di un "fundraiser di massimo livello" che ieri sera gli avrebbe confidato: "la campagna presidenziale di Perry è finita. Farebbe meglio a tornare a concentrarsi sul governo del Texas".

venerdì 4 novembre 2011

OBAMA E' GIA' "TOSTATO"?

Con questo irriverente interrogativo il New York Times Magazine titola il lungo pezzo di cui alla altrettanto irriverente copertina del nuovo  numero. Nate Silver, enfant prodige dei sondaggi e dei pronostici, pesa a un anno esatto dal voto le chance di rielezione del 44esimo presidente. Qui da noi diremmo piuttosto "fritto" - o forse "bollito" - ma il senso è comunque chiaro.
Tra le interminabili premesse della profezia di Silver, questo frammento mi sembra degno di nota: i sondaggi di adesso lasciano il tempo che trovano, dopotutto "alla fine del settembre 1983 Ronald Reagan era diatro a Walter Mondale di due punti, e nell'ottobre del 1991 George Bush padre era avanti a Bill Clinton di 55 a 20".
Per il resto, il suo sforzo appassionato di mettere assieme un "modello" che partorisca una predizione attendibile è lodevole, ma il risultato non convince più di tanto anche perché si tratta di un giocattolone che difetta di distinguo in base ai gruppi etnici, a quelli anagrafici, alle aree geografiche, ecc.
Comunque, in estrema sintesi la predizione è quadruplice ed è la seguente:
a) Se l'economia NON si ripiglia e lo sfidante è Romney, la probabilità di rielezione di Obama è 17% contro 83;
b) Se l'economia si ripiglia e lo sfidante è Romney, la probabilità di rielezione di Obama è 60% contro 40;
c) Se l'economia si ripiglia e lo sfidante è Perry, la probabilità di rielezione di Obama è 83% contro 17;
d) Se l'economia NON si ripiglia e lo sfidante è Perry, la probabilità di rielezione di Obama è 41% contro 59.
Sintetizzando ancora più brutalmente, si potrebbe parafrasare anche così: se l'economia non si ripiglia, Obama è tostato/fritto/bollito a prescindere da chi sia lo sfidante, ma solo se lo sfindate è Romney rischia una debacle di proporzioni apocalittiche; se l'economia si ripiglia, è comunque salvo - e in tal caso vince contro Romney e stravince contro Perry.

Mi lascia sempre perplesso tutta questa fiducia nella maggior eleggibilità di Romney - tendenzialmente perché più moderato, più mainstream, più rassicurante, ecc. - che finisce per collimare con l'insipido miraggio di Mitt "l'inevitabile": a giudicare dalle prime prove generali, lo staff di Obama si divertirebbe non poco a fare a pezzi questo "imbattibile" sfidante.

Ma al contempo trovo molto saggio il fatto che tutta la elucrubazione del creatore di FiveThirtyEight dia per assodato un dato: i possibili veri sfidanti, gli unici "casi" sui quali vale la pena di concentrarsi, sono solo due - Romney e Perry.
Tutto il resto è rumore di fondo e passerà presto, vedrete.

mercoledì 2 novembre 2011

I SEE THE FREEDOM TOWER RISING / 6: SONO STATO A GROUND ZERO


Sono stato a Ground Zero, e ho trovato due monumenti. Oltre al monumento "ufficiale", quello alla memoria delle vittime, ce n'è un altro più grande e forse ancora più emblematico: il cantiere.
Chi come me avesse visitato il sito tra il 2001 e il 2010 lo ricorda recintato sì come un (immenso) cantiere, ma all'interno desolatamente inattivo, quasi abbandonato. Un po' come certi cantieri autostradali "incompiuti" della nostra misera Little Italy. Colpiva tristemente quell'enorme vuoto, quello stato di assurda inerzia, quasi a significare l'incapacità di reagire da parte di un'America in crisi di mezza età.
Adesso, invece, tutto è cambiato. Giungendo a Ground Zero ci si ritrova nel bel mezzo di un titanico cantiere febbrilmente e maestosamente attivo. Oltre alla Freedom Tower (che, oramai prossima al 90esimo piano, svetta già come l'edificio visibilmente più alto di tutta Lower Manhattan) stanno venendo su anche le altre torri "minori", e si ha già la percezione di un complesso che nel suo insieme celebrerà la stessa "idea" che era sottesa alle Torri Gemelle del vecchio WTC.

Il grattacielo è la quintessenza dell'americanismo in architettura. Quando un secolo fa i primissimi grattacieli cominciarono ad essere innalzati - proprio lì, a Lower Manhattan - quella parte di America che temeva un'America troppo americana si spaventò. A Washington i parlamentari si affrettarono ad inserire nel piano regolatore del District of Columbia dei limiti di altezza per gli edifici (tutt'ora vigenti) che garantissero che nessun palazzo privato potesse fare ombra al Campidoglio.
La ricostruzione di un WTC fatto di grattacieli, e di grattacieli privati e commerciali, è sacrosanta perché rappresenta la rivendicazione di ciò che l'attentato di dieci anni fa intese annientare. Mi ha però preso in contropiede il fatto che questo orgoglio che permeerà l'opera una volta compiuta, sia già espresso ora, dal cantiere. Un cantiere il più possibile aperto al pubblico, lambito dal traffico, vissuto ed esibito. Illuminato la notte faraonicamente, senza badare a spese. Un cantiere attorno al quale gli esercizi commerciali (l'hotel Hilton Millennium, uno degli hotel "W", svariati fast food e diner, l'outlet Century 21) prosperano già come il trambusto non li disturbasse, ma al contrario ravvivasse piacevolmente il sito. Il visitatore si trova immerso in questa disciplinata frenesia e se ne sente coinvolto, partecipe. in mezzo all'andirivieni di betoniere passa un camion dei pompieri che non è, non può (più) essere un "qualunque" camion dei pompieri:
Lì accanto sosta - accidentale omaggio al world trade - il camion del rifornimento della Coca-Cola, e anche quello non è, non può (più) essere un "qualunque" camion della Coca-Cola:
Bentornata, America.

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